A Lucca

La piccola Sofia, annegata nell'idromassaggio: finalmente il processo

Roberto Longoni

Erano raggi di sole, i suoi capelli. Incorniciavano il volto di una bambina che aveva sorriso alla vita fino al 13 luglio 2019. Quel sabato maledetto, le lunghe ciocche di Sofia furono catturate dalla bocchetta d'aspirazione della vasca idromassaggio dello stabilimento Texas di Marina di Pietrasanta e lei fu trascinata sotto. Ottanta centimetri d'acqua bastarono, per farla annegare in quelle condizioni. Troppi minuti passarono, prima che qualcuno accorresse per liberare la bimba da quella trappola. E per farlo, tanto era violento il risucchio di quel gorgo, si strapparono le sue ciocche. Fu un medico presente sul posto il primo a cercare di rianimare Sofia, prima che fosse portata al pronto soccorso più vicino e da lì trasferita all'Ospedale del cuore a Massa. Mercoledì 17 si staccò la spina anche all'ultima speranza che la piccola si riprendesse. Solo l'espianto delle cornee fu permesso dalla magistratura :sul corpo della bimba venne predisposta l'autopsia.

Da allora non si è che guardato indietro, ricordato. E si continuerà per sempre a farlo, prigionieri di un ricordo come Sofia fu prigioniera in quell'idromassaggio, ma ieri al tribunale di Lucca si è finalmente compiuto il primo passo perché siano chiarite le responsabilità della vicenda. La morte di una bambina di 12 anni, comunque avvenga, si presenta sempre come la tragedia più ingiusta: ma quando si consuma così tutto s'amplifica e i perché si ingigantiscono e si fanno ancora più laceranti. A distanza di quattro anni e mezzo, ieri, dopo l'ammissione delle prove da parte del giudice Gianluca Massaro e il respingimento di tutte le eccezioni proposte dalle difese, sono state fissate le udienze per il processo di primo grado. Un passo iniziale necessario, perché almeno eventuali colpe umane vengano accertate dalla giustizia.

Si procederà a tappe serrate, il calendario è fitto e prevede anche due appuntamenti al mese in aula. A meno di imprevisti, si può supporre che la sentenza venga emessa in luglio o al massimo nel settembre del prossimo anno. Presenti in tribunale, Edoardo e Vanna Bergkopf, i genitori di Sofia, entrambi stimati odontoiatri assistiti dall'avvocato Stefano Grolla del foro di Vicenza, per una volta non sono rientrati a Parma in preda a uno sconforto ancora maggiore di quello con il quale avevano raggiunto Lucca.

La prossima udienza sarà il 18 dicembre. A essere ascoltati saranno proprio i genitori della bambina, oltre a un'amica di famiglia e agli uomini della Capitaneria di porto e dei carabinieri intervenuti nello stabilimento. Si entrerà subito nel cuore del caso, nel modo più intenso e anche doloroso, dopo che per lungo tempo non s'è fatto che procedere da un rinvio all'altro. Di mezzo, oltre alla pandemia, ci fu un'udienza preliminare durata sei mesi (a sua volta rinviata per un errore di notifica a uno degli indagati) e anche un cambio di giudice. Diversi furono anche gli incidenti probatori: in uno di questi, un carabiniere solo strappandolo riuscì a liberare il foglio di plastica fatto aderire alla bocchetta per misurare l'intensità dell'aspirazione.

Sei, tra i titolari dello stabilimento e gli assistenti ai bagnanti, sono gli imputati chiamati a rispondere della morte di Sofia. Tra loro, alcuni hanno deciso di farsi assistere da più di un legale. La battaglia in aula si preannuncia dura e logorante, ma mai come può essere stata una lunga attesa tra troppi perché immersi in un dolore senza fine.

Roberto Longoni