Intervista
Il rock dei Blonde Redhead al Regio: «Questione di stile»
Tra i nomi di punta della XVII edizione del Barezzi Festival c’è quello dei Blonde Redhead (domani alle 20.30 al Teatro Regio).
Il trio è uno dei più originali gruppi degli ultimi 30 anni, con una discografia non molto corposa ma indubbiamente varia, con un sound e uno stile in continuo cambiamento. I Blonde Redhead sono formati dai gemelli italiani (trasferitisi in Canada all’età di 13 anni) Amedeo e Simone Pace (rispettivamente cantante/chitarrista e batterista) e dalla cantante e chitarrista giapponese Kazu Makino. Una storia singolare, nata agli inizi degli anni ‘90, che ci racconta Amedeo Pace: «All’epoca avevamo un amico comune che insisteva affinché ci incontrassimo, convinto che avremmo potuto creare qualcosa di speciale insieme. Ha presentato Kazu a Simone e a me, e poco dopo abbiamo iniziato a suonare e sperimentare. Questo è durato circa 2 anni. Suonavamo nella nostra casa a Brooklyn, dove avevamo allestito una piccola spazio sala prove».
Avevate già una direzione musicale o vi siete lasciati guidare dall’istinto?
«No, non l’avevamo. Venivamo da esperienze molto diverse e con gusti differenti, quindi litigavamo molto ma trovavamo sempre un compromesso. Sicuramente è stato una sfida capire come scrivere e suonare i nostri strumenti in modi nuovi per noi, e a volte sembrava che non fossimo guidati dall’istinto ma più dalla ricerca di quale stile ci si adattasse meglio e quali fossero i nostri limiti».
Nella vostra carriera avete più volte cambiato stile e casa discografica. Come sentivate che era arrivata l’ora di cambiare?
«Non è stato qualcosa di deliberato, ma una necessità. È ciò che chiedono soprattutto le canzoni che scriviamo. Parlare di musica può essere difficile, poiché gran parte di essa è fatta in modo inconscio».
Il vostro ultimo album, «Sit down for dinner», è uscito nove anni dopo il precedente e alla fine di un lungo periodo di lavoro. Cosa è successo durante quegli anni?
«Abbiamo pubblicato un ep nel 2017, che ci ha tenuto occupati per un anno o due. Kazu ha realizzato il suo album da solista e ha fatto un tour per supportarlo quando è uscito. Simone ha avuto una figlia che lo ha impegnato molto. Quindi molte cose sono accadute, compresa la pandemia, che ci ha tolto molto tempo, oltre alla ricerca di un’etichetta una volta registrato l’album. Il tempo è volato».
Il titolo proviene dal libro «L’anno del pensiero magico» di Joan Didion e riflette su come la vita possa cambiare in un istante. Tuttavia, sedersi a tavola, specialmente durante certe occasioni, ha un significato sociale importante. Qual è il vostro rapporto con il cibo e il sedersi a tavola? Approfitterete del concerto per conoscere i nostri famosi prodotti di Parma?
«Certamente. Noi tre abbiamo sempre amato fare tour in Italia. Quello che non amavamo era mangiare troppo prima di uno spettacolo (ride. n.d.r.). Ma l’atto di sedersi con i nostri amici e le persone con cui lavoriamo a tavola tutti insieme, specialmente dopo aver suonato, è sempre stato speciale. Tutto ha un sapore migliore in Italia. Forse è dovuto all’acqua o alla terra vulcanica. Non vediamo l’ora di assaggiare alcuni dei piatti preferiti di Parma».
Informazioni e biglietti: www.barezzifestival.it.
Pierangelo Pettenati