LETTERA AL DIRETTORE

Non scherziamo sulla carne

Pierpaolo Vezzani

Egregio direttore,
«Ah! I nin mia schèrs da fer!», traduco dal dialetto: questi non son scherzi da fare. Mi pare di sentirli, i parenti, gli amici, i cuochi e i buongustai tutti d'Emilia e non solo parlar della carne sintetica, artificiale, chimica. «Siv dvintè tot matt cme la strèda e infelis ed viver?», vale a dire: siete ammattiti come la strada e infelici di vivere? Come posson le signorie loro devotissime alle mode prescriver la carne sintetica a noi che conosciam le squisite emozioni di sederci a tavola a gustar la braciola, la bistecchina, il filetto, l'arrosto di maiale e proviam le gioie degli involtini, della cotoletta e del gran bollito fatti ai fornelli?

«E i caplèt o anulein o turtlein? Com tot i san, l'è cost al gran vant dla nostra cusèina, seins'èter on di piatt piò famos dapertot. A ghè la chèrna, pet ed capoun, un tocc ed mans e lonsa ed porc, deinter la pasta. Al pin ed cherna fèlsa, fata in laboratori? Schersommia?», e cioè, in italiano, i cappelletti o anolini o tortellini son la minestra più conosciuta al mondo, e voglion riempirli di carne falsa, prodotta in laboratorio, invece di cappone, manzo e maiale, ma scherziamo?

Si siedano e provino ad assaggiarli. «Mettìli a còser int un boun brod ed chèrna e servìli cun un bel po' ed parmsan arsàn gratè. E boun aptèt». Traduco: cuoceteli in un buon brodo di carne e serviteli caldi con abbondante parmigiano reggiano grattugiato. E buon appetito!

Non arricceranno più il naso, lorsignori, allorché udranno annunciare ancora: nel menù odierno consueta carne naturale.