L'ultimo libro «Ritorno a Candora»

Cacopardo indaga la nostra coscienza

Giovanna Pavesi

Ha scelto di firmare il suo ultimo libro, «Pas de Sicile. Ritorno a Candora», con entrambi i cognomi dei suoi genitori, Domenico Cacopardo Crovini, rimarcando il fatto di essere «portatore di entrambe le eredità», quella emiliana e quella siciliana, che contribuiscono a tracciare la trama della narrazione. Ieri sera, alla Corale Verdi, presentando il suo ultimo romanzo, l’autore, che ha vissuto molte vite (è stato consigliere di Stato, magistrato, da anni scrittore di successo ed editorialista), ha delineato la genesi del volume, pubblicato da Ianieri edizioni, che è pieno di riferimenti storici, etici, professionali e personali.

Ambientato nel comune immaginario di Candora, Domenico Palardo, l’alter ego che accompagna il lettore in questo viaggio, magistrato in pensione, deve coordinare il volume celebrativo dei 100 anni del Comune e scrivere il saggio d’apertura dedicato a chi creò lo sviluppo economico del paese. Ma la vicenda di Siro Sieroni nasconde segreti, affidati alle figlie. Ma è indagando proprio su di lui che il protagonista ritrova gli elementi necessari a ricostruire un quadro preciso.

C’è violenza, sofferenza e un delitto e il romanzo è, infatti, classificato un giallo, come chiarito fin dall’inizio dall’autore, in dialogo con Claudio Rinaldi, direttore della Gazzetta di Parma (di cui Cacopardo è da tempo editorialista), ma contiene la complessità di un’Italia che deve fare i conti con il proprio passato e, in particolare, con le leggi razziali. «È una storia di fantasia che ho iniziato a scrivere alla fine di gennaio, vicino al Giorno della Memoria, e che si fonda su eventi accaduti a Candora, ma anche a Parma, a Milano e ovunque fossero in vigore le leggi sulla difesa della razza», chiarisce Cacopardo, soffermandosi, in particolare, sul rapporto che ha avuto e conservato, nella vita, con Piacenza, città da dove veniva la madre, che ritorna, appunto, nel cognome, Crovini, nei dettagli scelti per pennellare le vicende raccontate nel libro e in tanti episodi di vita personale.

Ci sono, nel suo volume, l’esplorazione degli eventi, ma anche i ricordi del cugino giornalista, più grande di lui e cronista alla «Libertà», che tanto lo hanno influenzato anche nella finzione del racconto e che rappresentano un’ispirazione perpetua. E se lo scrittore ha deciso, in questo testo, di «abbandonare» momentaneamente la Sicilia e il suo personaggio principale, Italo Agrò, protagonista della sua serie più conosciuta, non intende però recidere il cordone ombelicale con quei luoghi dell’anima che tanto connotano la sua scrittura, ma per approdare e «navigare» in un fiume nuovo, il Po.

Alla domanda su quali siano gli autori che, in qualche modo, hanno ispirato la sua scrittura e il suo stile, Cacopardo menziona Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello, ma anche l’Elio Vittorini di «Conversazioni in Sicilia» (di cui conserva ancora un’edizione originale del 1946) e Marcel Proust. Saluta i presenti promettendo un nuovo appuntamento letterario, il prossimo anno, con la presentazione dell’ultimo libro che sta scrivendo e che intitolerà «Malucori». «Non mi sono mai considerato uno che scrive gialli – conclude -. Io racconto storie, dove c’è il bello, il successo, l’economia, la vita, ma c’è anche il delitto, che è uno degli elementi fondamentali di una società civile (o incivile)».

Giovanna Pavesi