C'era una volta l'Austerity

Quelle domeniche a piedi di 50 anni fa

Roberto Longoni

Austerity. Tutti a piedi la domenica e nelle feste, presto a casa la sera anche chi usciva da cinema, teatri e sale da ballo. Fu un lockdown dei motori e un coprifuoco da risparmio energetico, prima che l'ambiente diventasse tema vitale. Fu un po' come un generale castigo festivo ma anche festoso: si reagì con il sorriso, forse perché lo Stivale mezzo secolo fa era calzato da gente ancora giovane e goliardica, pronta a reinventarsi nella novità. Il 2 dicembre del 1973, quello che oggi è un sabato era una domenica: la prima di questo tenore. Si sarebbe andati avanti così fino al 10 marzo 1974, quando si passò alle targhe alterne durate fino al 2 giugno.

Assuefatti da sempre alla parola crisi (la canzone-sberleffo «Ma cos'è questa crisi?» di Rodolfo De Angelis è del 1933...), al suono del vocabolo straniero gli italiani capirono che la situazione si era fatta seria. I più solerti ci aggiunsero un'h, quasi sempre tra la t e la y, che faceva tanto british o, meglio ancora, rigidità prussiana. Non si scherzava: le multe per gli automobilisti ostinati e ingiustificati arrivavano al milione con sequestro del mezzo. Il giorno del debutto della misura in tutt'Italia ne furono comminate 1.317 per il divieto di circolazione, 251 delle quali con un eccesso di velocità effetto collaterale della strada sgombra. Cifra confortante, se si pensa che già 50 anni or sono il Belpaese contava 12 milioni di veicoli privati. E infatti l'allora primo ministro Mariano Rumor - a sua volta non autorizzato a salire sull'auto, nemmeno su quella blu, come il presidente Giovanni Leone - camminando verso Palazzo Chigi, a un cronista sottolineò «il senso di responsabilità degli italiani».

Tra i «meglio austeri» i parmigiani: di quelle sanzioni non ne prendono una. Appiedati, si vedono spuntare le ali di chi torna all'età che precede patente e motorino. E fa niente che quel 2 dicembre da attraversare fuori dal caldo guscio dell'abitacolo sotto il Battistero si battano i denti. I 2,4 gradi di massima dovrebbero invogliare all'ozio domestico nutrito da doppia razione di anolini in brodo. Invece, si conquistano le strade trasformate in palcoscenici o in piste da percorrere in bicicletta, in pattini, in calesse o in sella a sé stessi, sul cavallo di San Francesco. Nemmeno la necessità di anticipare di un paio d'ore gli spettacoli al Regio (il limite di chiusura è fissato alle 23) crea malumori. «Chi ci rimette di più - scherza Aristide Barilli, vice presidente della Corale Verdi - è Wagner, con le sue opere lunghe, ponderose: non a Parma, però, perché qui in cartellone non lo mettono».

Al Tardini con il somaro

«Austerity, austerity, se non vuoi andare a piedi compra l'asino» canta Tony Santagata e uno «smilzo somaro sardagnolo che il freddo aveva rimpicciolito e rattrappito ancora di più» è davvero avvistato dall'anonimo cronista della Gazzetta di Parma. Il ciuco traina un carro agricolo carico di tifosi, per poi essere «compostamente parcheggiato nei pressi del Tardini, di fianco agli autobus dell'Amps ed ai pullman». Sul retro, lo striscione con la scritta «Chi sfermarà? Viva il Parma e al beli ragasi». Quel giorno il Como ospite viene battuto con un secco 2-0, e il Parma sale al terzo posto nella classifica di serie B: quanto serve per scaldare il pomeriggio degli 8mila crociati sugli spalti. I più, a giudicare dalla fotografia delle biciclette accatastate le une sulle altre lungo il perimetro dello stadio, sono arrivati pedalando. Come avranno fatto a districare quella matassa di manubri, sellini e ruote per ripartire?

«Tutta Parma a piedi con filosofia». Con questo titolo aprono le pagine di cronaca della città, con la foto a cinque colonne di un vecchio landò trainato da un cavallo bianco in piazza Duomo, davanti al palazzo vescovile. Altri cavalli si intravvedono sul retro, mentre un'immagine iconica mostra una giovane amazzone seduta di fronte al Duomo intenta a leggere la Gazzetta. Un calesse ha raggiunto piazza Garibaldi da Viarolo. I due a bordo hanno impiegato un'ora: hanno dovuto anche camminare per combattere il freddo. I cavalieri intabarrati giunti da Lesignano Bagni invece il gelo l'hanno «caricato»: il collega di 50 anni fa definisce la loro una «cavalcata di animosi».

Gli insulti agli automobilisti

L'articolo racconta come dodici ore prima, scoccata la mezzanotte in piazza Garibaldi si sia radunata una piccola folla curiosa di scoprire l'effetto della città a motore spento. «Le prime rarissime auto in transito - si legge - ovviamente dotate di regolare permesso rilasciato dalla Prefettura (sono di chi lavora anche la domenica) vengono accolte con ostilità: vola qualche insulto all'indirizzo dei guidatori».

Intanto, in via D'Azeglio e in via Gramsci, altri giovani improvvisano partite di calcio. In notturna, alla faccia dei -4,8 gradi.

In stazione, i treni sono sovraccarichi fino dal mattino, e accumulano ritardi per il nutrito saliscendi di passeggeri. Anche filobus e autobus dell'Amps sono presi d'assalto in città: ma il tempo speso in più alle fermate viene recuperato sulle strade libere dal traffico di tutti i giorni. Poi, largo alle bici.

Alle 8,30, si segnala una comitiva di giovani abbigliati con costumi variopinti. Nella canzone da loro inventata ricorre il verso «Finalmente la strada è nostra». Il centro, poco dopo, sarà attraversato da un corteo di una sessantina di studentesse della Fra' Salimbene tutte in sella. Si pedala anche con l'immaginazione. Tra i lettori, c'è chi propone di aprire alle bici le autostrade deserte la domenica. Che stiano aspettando proprio loro, i casellanti immortalati mentre giocano a calcio all'uscita di un casello?

La strada sarà anche conquistata, ma la notte è perduta. Il titolare dell'Astrolabio racconta di un cliente che, per rientrare dopo la mezzanotte, è arrivato a cavallo. Altri hanno caricato la bici nel bagagliaio, per tornare a recuperare l'auto lunedì. Nonostante i pullman organizzati per i clienti, il Taro-Taro di Collecchio, il Can-Am di Medesano e il Jumbo di Sanguinaro registrano crolli degli ingressi dell'80 per cento. Il titolare del night di Mariano annuncia la chiusura: «Troppe le spese, per tenere aperto un'ora o poco più».

Il gelo in provincia

E troppi sono i chilometri da percorrere, perché anche in provincia si viva la domenica con spirito guascone. Rade le biciclette, rarissimi i cavalli, brevi le camminate: fino alla chiesa o al bar.

«Ha vinto il freddo - scrive il cronista -. La maggioranza della popolazione è rimasta a casa».

Soffia un vento gelido, dopo che in alta Valtaro sono caduti 15 centimetri di neve. A Bosco, i ragazzi hanno trasformato le strade sgombre dal traffico in piste per slittini. Quelli sono mezzi consentiti. Qualche dubbio, invece, per i tre dischi volanti avvistati a Prato verso le 19 e scomparsi in fretta, prima di essere multati.

Roberto Longoni