LA STORIA
Oiki, 40 anni di calcio e amicizia
«Mès que un club». Riprendendo lo slogan del Barcellona, anche il Gruppo sportivo Oiki calcio, che la scorsa estate ha chiuso i battenti dopo quasi 40 anni di storia, si può considerare molto di più di una semplice squadra, capace di vincere tutto a livello provinciale, regionale e non solo: una famiglia, capitanata dai dirigenti Marco Bigliardi, Frank Cramarossa e Silvio Lanfranchi, che si è ritrovata giovedì sera al Bread Bistrot di via La Spezia. Cento i presenti tra gli ex, per rivivere insieme un lungo capitolo della vita di ciascuno dei protagonisti.
Il gruppo fu aperto per l'iniziativa e la passione calcistica di alcuni dipendenti dell’omonima azienda, l’Oiki Acciai spa, fondata oltre mezzo secolo fa. Dipendenti che si ritrovavano nel dopo lavoro nei campi di via Paradigna, all’epoca in aperta campagna, a sfruttare l’area che poi sarebbe diventata l’attuale polo industriale per la trasformazione e la distribuzione di acciaio Inox: dai primi tornei Uisp nel 1986, reclutando le «vecchie glorie» del Borgorosso in Terza Categoria, fino ai trionfi in epoca recente, passando dall’ingresso nella cosiddetta «era moderna» nel 1993-94, sotto la presidenza di Alessandro Bettuzzi, e dal titolo di campione d’Europa Amatori nel 1995 a Lloret de Mar. Bettuzzi è stato il «presidentissimo» ma anche giocatore e, per un anno, persino allenatore, a testimoniare un legame strettissimo tra l’azienda di famiglia e il mondo dello sport. «Il rapporto è sempre stato di grande vicinanza sia alle persone che al territorio - sottolinea Bettuzzi -: il gruppo Oiki non comprendeva solo il calcio ma anche la parte relativa al ciclismo, in una storia durata oltre trent’anni. Siamo estremamente felici di essere vicini alle persone, di aver avuto la possibilità di creare una lunga storia fatta di amicizia, valori, agonismo e grandi spunti che, seppur a livello amatoriale, ci ha dato lo sport». Grazie anche a chi, giorno dopo giorno, ha contribuito a tenere insieme il mosaico. «In realtà - continua Bettuzzi - devo fare un grandissimo plauso ai nostri dirigenti perché sono stati il collante e hanno plasmato realmente questa famiglia grazie alla loro passione non remunerata, attraverso tutto quello che un’organizzazione di una squadra richiede: dal lavaggio delle mute all’assistenza ai calciatori fino alle grigliate e agli aperitivi post partita. Questo valore si è trasmesso nel tempo e per me è motivo di grande soddisfazione».
Fino a raggiungere vette inesplorate nell’ultimo decennio. «Dal 2010 al 2022 la squadra ha toccato, in ambito amatoriale, i vertici sia a livello provinciale che regionale - aggiunge Bettuzzi -. Una squadra storica sempre frequentata da calciatori che scendevano dalle categorie dilettantistiche più alte ed era molto ambita». Ma il momento più bello a livello personale risale a qualche anno prima. «Quando nel 2003, a causa di un’emergenza, venne a mancare all’ultimo minuto l’allenatore e mi sono dovuto prendere l’onere di guidare un gruppo di ragazzi, all’epoca giovanissimi: Ceresini, Albertino Tanzi, Ligabue e molti altri ancora. Pur non avendo grandissime competenze calcistiche, ho cercato di mettere tutto quello che avevo a livello di cuore, tenacia, valori agonistici e alla fine abbiamo vinto il campionato riuscendo a salire di categoria». Con un solo piccolo smacco. «In questi trent’anni non cancellerei nulla, se non qualcosa che si è verificato nella Supercoppa regionale Uisp al Tardini del 2015 con i reggiani del Rondò, in cui accadde il finimondo. Alcuni giocatori ricevettero il Daspo, siamo caduti nelle provocazioni ed è l’unica pagina che vorrei dimenticare».
Quello dell’Oiki potrebbe anche non essere un addio bensì un arrivederci. «Mio figlio Federico - dice Bettuzzi - ha giocato negli Allievi nazionali del Parma prima di smettere per ragioni di studio: se gli tornerà la passione e vorrà proseguire la nostra tradizione, siamo disposti ad assecondarlo».
Gli ex dirigenti
Difficile stabilire cosa sarebbe stata l’Oiki senza la presenza di dirigenti storici che hanno portato avanti la società dal punto di vista organizzativo. Frank Cramarossa chiude gli occhi e ripensa a un’epopea forse irripetibile. «Il momento più alto sono state le partecipazioni ai campionati regionali, che nel giro di 4-5 anni abbiamo vinto due volte. Indossare la maglia dell’Oiki significava tanto perché i ragazzi avevano tutto: un centro sportivo che non hanno nemmeno in categoria ed erano serviti e riveriti, ma non ci hanno mai mancato di rispetto. Per me è stato un viaggio esaltante, poi dopo il Covid ho deciso di mollare».
Anche Silvio Lanfranchi ha vissuto questa bellissima avventura. «Molte arrabbiature ma tante emozioni: credo che il calcio sia uguale dagli amatori alla serie A. Quando abbiamo vinto campionati e titoli regionali eravamo al settimo cielo. Quando, invece, si perdeva con le rivali storiche, in primis il Circolo Indomita Triestina e la Corale Verdi, per tre giorni non parlavo neanche a casa a mia moglie».
Negli ultimi anni, la presidenza è stata affidata a Giuseppe Soncini, che ha ricoperto l’incarico dal 2010 fino alla chiusura avvenuta pochi mesi fa. «Una società che ha ottenuto dei grandissimi successi a livello provinciale e regionale, provo piena soddisfazione ma anche dispiacere di aver interrotto l’attività per questioni d’età e reclutamento. Il segreto parte dalla dirigenza: quando diventai presidente, era già pronta e formata. Avevamo tutti lo stesso concetto di costruire una squadra di bravi ragazzi che sapessero anche giocare bene a pallone. I giovani si conoscevano e si integravano in fretta: abbiamo continuato a rinverdire la squadra finché è stato possibile. Offrivamo serietà e loro ci garantivano lo stesso trattamento».
Il bomber Moruzzi
Tra i giocatori più rappresentativi nella storia ultratrentennale del Gs Oiki calcio, figura sicuramente il capitano Matteo Ceresini, che non potrà mai scordarsi la partita delle partite. «Ci siamo tolti veramente tante soddisfazioni in provincia e, soprattutto, anche fuori. Il ricordo più bello resta, oltre che le battaglie strepitose con la Verdi, la finale regionale del 2018 a Cesenatico: a fine primo tempo eravamo sotto 0 a 3 contro i reggiani della Virtus Mandrio e poi vincemmo 4 a 3: realizzai il rigore decisivo al 90’. Calciai forte e centrale: un momento indimenticabile».
Il bomber per eccellenza è stato, invece, Emanuele Moruzzi, autore di 110 gol, la maggior parte dei quali di testa. «Il più bello è forse uno degli ultimi, in rovesciata a Sorbolo Levante, con l'applauso di compagni e avversari. Tra i più importanti, quello che in finale ci consentì di laurearci campioni provinciali. Sono sempre stato molto generoso: la classe la lasciavo agli altri, io miravo più al sodo». Ognuno dava il massimo all’interno di un collettivo che funzionava alla perfezione. «Sono stati quindici anni bellissimi, alla fine un po’ l’età si è fatta sentire, ma ho trovato un gruppo straordinario di veri amici. Il presidente Bettuzzi ci ha sempre aiutato a coltivare la nostra passione, che era il calcio. L’Oiki è un nome che anche dal punto di vista cittadino è importante: siamo stati responsabilizzati a portare avanti un impegno anche in campo sportivo».
Tra gli allenatori più vincenti e mai dimenticati, bisogna citare il compianto Andrea Colonna, detto «Serse» in onore di Cosmi, Raffaele Marconi, Giuseppe Massari, che conquistò il primo titolo, Filippo Reggiani e Claudio Vignali. Ma è impressionante anche la schiera di ex calciatori che, dopo aver militato nelle categorie più alte tra i dilettanti o addirittura nei professionisti, si sono accasati all’Oiki: Vittorio Bazzarini, Alessandro Donelli, Francesco Graziano, Andrea Guida, Matteo Lusetti, Matteo Rocca e l’ex centrocampista Marco Mirri, uno degli artefici dei successi raccolti dal 2015. «Pensavo che avrei fatto fatica a scendere tra gli amatori - dice Mirri - ma in realtà ho trascorso anni bellissimi perché comunque si giocava a calcio, e questo mi ha permesso di continuare a praticare la mia più grande passione. L’Oiki rappresentava un riferimento, la conoscono tutti».
Marco Bernardini