Centro antiviolenza

Effetto Cecchettin: anche a Parma aumentano le richieste d'aiuto

Madri, amiche, sorelle, vicine di casa: una comunità solidale che si è «svegliata» ed è scesa in campo per aiutare donne potenziali vittime di violenza a denunciare i soprusi subiti. E' l'«effetto» Giulia Cecchettin esploso in queste settimane anche nella nostra città. che ha investito gli sportelli del Centro antiviolenza.

A poco più di un mese dal femminicidio di Giulia, la studentessa 22enne sequestrata e uccisa dall’ex fidanzato, e dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il Centro antiviolenza di Parma, nelle ultime settimane, ha registrato un netto aumento di attivazioni da parte di vicini, parenti e amici che hanno domandato alle esperte quale tipo di aiuto poter fornire alle donne che, secondo loro, potevano trovarsi in difficoltà. Lo ha confermato la presidente della struttura, Samuela Frigeri, che ha specificato come le operatrici non si siano basate su una sensazione o una percezione, ma abbiano fatto una valutazione attenta sui dati degli ultimi giorni.

«Nell’ultimo periodo dell’anno, c’è sempre una maggiore richiesta di aiuto da parte delle donne ed è un trend in aumento che si verifica quasi sempre - ha puntualizzato Frigeri, -. Ciò che, però, è stato notato è la maggior attivazione, a 360 gradi, di persone che si sentono coinvolte e, in qualche modo, responsabilizzate rispetto a situazioni che conoscono o che pensano di conoscere riguardanti casi di violenza di genere che osservano attorno a loro e che non le riguardano direttamente. Ed è stato proprio dopo quanto accaduto a Giulia Cecchettin e dopo la sensibilizzazione del 25 novembre che abbiamo osservato un aumento di questo tipo di richiesta».

C’è, infatti, chi domanda informazioni per amiche, parenti, sorelle, vicine di casa che appaiono (e spesso lo sono) potenziali vittime di partner, familiari, conoscenti, stalker o ex. E per fornire un aiuto che sia davvero efficace, è sempre bene rivolgersi e affidarsi a chi tratta quotidianamente casi così delicati, come i Centri antiviolenza, che in tutta la Regione sono 23, che lavorano attivamente per dare una mano alle donne che vivono situazioni complicate e che rappresentano un presidio concreto di soccorso, proprio perché dotati degli strumenti e delle competenze necessarie.

Come chiarito dalla presidente, i numeri di queste richieste saranno conteggiati e valutati a fine gennaio, per essere poi pubblicati a marzo (la raccolta dei dati è un lavoro complessivo che si svolge su base regionale), ma l’evidenza di questo fenomeno è sicuramente tangibile.

«Ci sono molte più persone rispetto al solito che si sono attivate per capire come aiutare le donne in difficoltà e che ci hanno chiesto come intervenire per fare qualcosa per chi, a loro avviso, aveva bisogno e quali fossero le modalità più corrette – ha proseguito la presidente -. Evidentemente, nell’ultimo mese, c’è stata una maggiore sensibilizzazione, con l’idea che ognuno potesse fare qualcosa e il fatto che abbiano chiamato il Centro antiviolenza mi fa molto piacere perché significa che le persone hanno riconosciuto in noi un soggetto capace di dare risposte adeguate e che può essere concretamente d’aiuto».

Per Frigeri, infatti, si tratta di un passaggio fondamentale e una presa di coscienza collettiva necessaria, finalmente capace di allertare l’interesse di tutti: «Questo potrebbe essere un ottimo segnale, perché significa che c’è una volontà di farsi carico di questo problema, che non riguarda solo “gli altri” ma è qualcosa su cui chiunque può dare un contributo».

Giovanna Pavesi