Il personaggio

Simone Barone: «I miei due gol all'Ancona? I più importanti della mia carriera»

Marco Bernardini

Oggi compie vent’anni una delle partite più iconiche della recente storia gialloblù. Il 6 gennaio 2004, poche settimane dopo lo scoppio del crac Parmalat, il Parma, frastornato, smarrito e dal futuro incerto, vinse 2 a 0 sul campo dell’Ancona grazie alla prima doppietta in serie A del parmigiano (seppur nativo di Nocera Inferiore) Simone Barone, che poi nel 2006 si laureò campione del mondo tra le fila della Nazionale azzurra. Un gol di destro e l’altro di sinistro come simbolo della riscossa di una squadra senza proprietà e di una città ferita che non volevano affondare in mezzo alla tempesta. «Una vittoria importante non solo a livello personale, perché non mi era mai capitato di segnare due gol fino ad allora, ma, soprattutto, per il momento complicato che attraversavamo. Essendo cresciuto nel vivaio del Parma, sentivo ancora di più quello che stava succedendo».

C’è un aneddoto legato al periodo più critico?

«Scendevamo in campo con il dubbio che ogni volta sarebbe potuta essere l’ultima partita del Parma. La domanda più ricorrente era sempre quella: “ma ci arriviamo a domenica prossima?” e noi, dai giocatori allo staff medico, davamo tutto quello che potevamo avere per rimanere agganciati alle posizioni alte e invogliare qualcuno a comprare il club».

Come venne a conoscenza del crac Parmalat?

«Mi ricordo che stavo andando in ritiro e mi trovavo in macchina con mio padre e Daniele Bonera. Abbiamo sentito questa brutta notizia che poi inizialmente non pensavamo potesse essere così devastante e ci fossero tutte le problematiche che giorno dopo giorno aumentavano sempre di più».

In che modo avete trascorso quei lunghi mesi?

«Passavamo degli “up&down” nel senso che eravamo un gruppo fantastico con un grandissimo allenatore e cercavamo di pensare solo al calcio. Il nostro era un gruppo forte, unito, composto da tanti ragazzi giovani che volevano emergere: riuscivamo ad allenarci con il sorriso e la domenica vincevamo anche. Grazie a questi ingredienti, abbiamo ottenuto qualcosa d’importante anche se la preoccupazione era tantissima».

Che ruolo rivestì Cesare Prandelli?

«Noi il fuoriclasse ce l’avevamo in panchina, ha tirato fuori un’umanità e una sensibilità realmente rare nell’ambiente del calcio e siamo andati avanti per il bene del Parma. Oltre a essere una persona incredibile mi ha dato l’opportunità di giocare per due anni nella squadra della mia città».

Vi rimase il rimpianto della mancata qualificazione alla Champions?

«Il rammarico c’è stato perché a San Siro ci fece gol su punizione l’ex Adriano che senza il crac sarebbe rimasto da noi -sospira- però eravamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto e fino all’ultima giornata abbiamo cercato di regalare un sogno alla gente di Parma. Si era creata una bella unione tra squadra e tifosi».

Cos’ha significato indossare la maglia del Parma?

«Mi sento orgoglioso e non è da tutti giocare nella squadra della propria città, ho avuto la fortuna di fare il settore giovanile, debuttare in serie A e ritornare da protagonista sotto gli occhi di genitori e amici fino all’esordio in Nazionale. E in quel momento avevo qualche responsabilità in più perché conoscevo l’ambiente, la città e i tifosi».

Come spiega, a distanza di vent’anni, l’addio in estate non gradito dai tifosi?

«Tifo Parma e vengo ancora oggi a vedere le partite allo stadio assieme ai miei figli. C’erano dei problemi, è arrivata un’offerta dal Palermo e, insieme alla società, è stata presa in considerazione. Ma questo non significa non amare Parma e quei colori, onestamente vado in giro a testa alta e chi mi conosce sa quello che ho dato e provo per la città».

Crede che il Parma possa tornare in serie A?

«La serie B è un campionato molto difficile e strano. Il Parma aveva un’ottima rosa già prima ma quest’anno, con lo stesso allenatore, ha continuato un lavoro fantastico intrapreso nella scorsa stagione ed è una squadra forte, giovane e di talento, che gioca molto bene e ha tutte le carte in regola per centrare la promozione sapendo che è un campionato difficile e ci sono altre squadre importanti. Ma mi auguro possa essere l’anno giusto, il Parma merita di stare in serie A e pian piano deve arrivare a rivivere quei momenti che ho vissuto da giocatore e anche da tifoso».

Marco Bernardini