Ma arrivano sette nuovi «camici»

Medici di base: sempre di meno e più anziani

Monica Tiezzi

Medici di base: sempre meno, sempre più anziani, anche se qualcosa si sta muovendo. Alcune zone di montagna come Tizzano e Neviano, che non avevano fino a pochi mesi fa un medico titolare, sono state assegnate. Altre, come Monchio, Palanzano e Valmozzola, restano ancora «vacanti», ma con un medico provvisorio, spiegano dall'Ausl. Nel complesso, ci sono in tutta la provincia sette nuovi medici di base: tre a Parma, uno a Fidenza, due nel distretto Sud Est e uno nel distretto Valli Taro e Ceno.

Questo il punto sulla medicina territoriale nella nostra Provincia. Una situazione che si inserisce in un quadro problematico che vede da un lato una «strozzatura» nella formazione dei medici, dopo anni di numero chiuso nei corsi universitari di medicina, e dall'altro un invecchiamento della classe medica. Tanto che per far fronte alle carenze nell'assistenza primaria, la Regione ha stabilito nel 2022 che medici borsisti di medicina generale (la scuola è regionale e dura tre anni) possono, fin dal primo anno di corso, occupare zone carenti e assistere fino a 1500 pazienti. Lo stesso accordo, firmato con i sindacati, prevede di aumentare per i medici «senior» i massimali dei pazienti fino a 1.800.

Sui 272 medici di base di Parma e provincia, 11 compiranno 70 anni entro la fine del 2024 (la finestra per il pensionamento va dai 68 ai 70 anni, con la possibilità di un'ulteriore proroga per due anni), e già ora ci sono tre ultrasettantenni che continuano a «presidiare» i loro ambulatori. Fra il 2025 e il 2026 altri 39 medici di base compiranno 70 anni. E fra i 246 medici iscritti all'Ordine dei medici di Parma, 49 compiranno fra i 68 e i 70 anni entro fine 2024.

Non va meglio nel resto della Regione. L'Emilia Romagna - che contava 2.850 medici di famiglia nel 2021 -da qui al 2025 ne perderà 194: perché i 969 che potrebbero andare in pensione saranno rimpiazzati da 775 giovani, con un turnover di poco più del 70%, secondo la proiezione dell'Agenas, l'Agenzia nazionale per i sistemi sanitari regionali. Sempre l'Agenas stima che i medici di base, che erano in tutta Italia 42.428 nel 2019, saranno 36.650 nel 2025.

Choroma Faissal, direttore del dipartimento Cure primarie dell'Ausl, cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Abbiamo rimediato a diverse criticità e il turnover degli ultimi anni ha portato giovani e donne. Questo è un bene, perché avere una classe medica giovane aiuta la programmazione di medio-lungo termine ed è un vantaggio per i pazienti, che possono instaurare un legame duraturo con i professionisti», dice.

Una mano, aggiunge Mario Scali, medico di famiglia e referente per la medicina generale del Distretto Ausl di Parma, l'ha data anche la nuova convenzione regionale con i medici di base (ancora da pubblicare) che, oltre a prevedere un rapporto medio di un medico ogni 1.200 assistiti, introduce, ad esempio, la possibilità della telemedicina per le dottoresse neomamme. «Un cambiamento epocale, che potrebbe dare impulso alla telemedicina e riavvicinare alla medicina territoriale tanti giovani, a volte scoraggiati a fronte delle spese necessarie per intraprendere la professione», dice Scali.

Un'altra strada che si sta percorrendo, anche per ovviare alla carenza dei medici, spiega Faissal, è incentivare la medicina di gruppo (quando i medici lavorano negli stessi locali, anche nelle Case di comunità) o di rete (quando il collegamento è informatico): «Oggi sono in gruppo o in rete 233 medici, più dell'85% del totale» dice.

All'orizzonte c'è una rivoluzione ancora più importante, ossia la trasformazione dei Nuclei di cure primarie (nel Distretto di Parma sono otto: Lubiana San Lazzaro, Montanara, Molinetto, San Leonardo, Parma centro, Pablo, Sorbolo e Colorno) in Aggregazioni funzionali territoriali. «Se il Nucleo di cure primarie è un gruppo di medici che condividono alcuni aspetti come percorsi diagnostici e appropriatezza prescrittiva, le aggregazioni funzionali saranno organizzazioni operative anche per l'accesso delle urgenze, una sorta di Cau (i Centri assistenza urgenza varati da pochi mesi dalla Regione, che danno riposta ad un urgenze non gravi, ndr) territoriali, aperti 12 ore al giorno», dice Scali.

Monica Tiezzi