Malattie infettive

Scabbia, a Parma casi in aumento: 381 nel 2023. Prima del Covid 60 all'anno

Mara Varoli

La scabbia? A Parma e provincia è diffusa. E probabilmente non siamo i «soli». Prima dell'arrivo del Covid erano in media 60 i casi all'anno di scabbia, ma nel 2023 sono stati 381.

L'aumento è evidente, tant'è che che in questi primi 50 giorni del 2024 abbiamo avuto ben 64 casi, quando secondo un articolo della Gazzetta di Parma, pubblicato nel marzo del 2017, c'erano 41 casi nel 2009, il dato più basso, e 88 nel 2016.

Malattie che ritornano e che creano problemi in chi viene contagiato, in quanto essendo una malattia infettiva può essere trasmessa facilmente. Infatti, tra i provvedimenti prescritti nei confronti del malato c'è l'allontanamento dal lavoro o dalla comunità di cui fa parte, per esempio una scuola, sino al giorno successivo a quello di inizio di un trattamento efficace. La cura si può basare su terapie orali o sull'applicazione di prodotti che uccidono l’acaro responsabile. Una malattia che può risolversi rapidamente e che può diffondersi altrettanto velocemente.

Ma qual è l'andamento epidemiologico della scabbia in questi ultimi tempi? Secondo i dati forniti dall'Ausl, nel 2023 abbiamo avuto 381 casi complessivi, di cui 43 nella fascia di età che va da 0 a 14 anni; 23 sono stati i focolai familiari; 24 i focolai in strutture e comunità, per cui centri sanitari, residenze per anziani e scuole. Nel 2024 ci sono stati 64 casi dal primo gennaio al 20 febbraio: 12 nella fascia di età che va da 0 a 14; sempre dal primo gennaio 8 focolai familiari; 4 in strutture e comunità.

Silvia Paglioli, direttrice del Servizio igiene e sanità pubblica dell'Ausl, ci tiene però a precisare che «Non è un andamento anomalo - spiega Paglioli -, i numeri rappresentano l'andamento epidemiologico tipico della malattia. E chiaramente sono numeri superiori a quelli registrati durante la pandemia per Covid, proprio perché con l'isolamento, il distanziamento e scuole chiuse i contatti erano inibiti».

Quando a un paziente viene diagnosticata la scabbia, insieme alla cura gli vengono date anche le indicazioni da seguire. Così come è scritto nel vademecum dell'Ausl: «La scabbia è un’infestazione dovuta a un acaro parassita, lo Sarcoptes scabiei. E il suo ciclo evolutivo si compie interamente nell’uomo. L’irritazione cutanea provocata dagli acari è soprattutto di origine allergica e all’inizio della malattia può passare inavvertita; quindi l’infezione si estende ed il prurito aumenta soprattutto durante la notte - è scritto nel foglio informativo -. La diagnosi è clinica. Il medico riconosce la scabbia osservando bene la cute, che appare sollevata in cordoncini, di 2-5 mm di lunghezza, prevalentemente a livello degli spazi tra le dita, sui polsi e sui gomiti, ma possono essere presenti anche sui piedi, sulle caviglie, sui genitali (nei maschi), sui capezzoli (nelle donne) e sul palmo delle mani».

«Non è una malattia grave - ricorda Silvia Paglioli -, ma a volte viene sottovalutata e nel frattempo il paziente ha avuto contatti con altre persone. Questo ritardo della diagnosi può influire sulla catena dei contagi. Per cui, l'essere tempestivi nella diagnosi è l'elemento che ci consente di risolvere prima il problema e di evitare che altre persone vengano contagiate».

Sì, perché anche i contatti stretti devono seguire la profilassi. Nel materiale informativo distribuito dall'Ausl ai casi segnalati, è scritto ancora: «Provvedimenti nei confronti di contatti e conviventi: sorveglianza clinica per la ricerca di altri casi di infestazione nei contatti a basso rischio. Per coloro che hanno avuto contatto ad alto rischio (familiari, conviventi, partners sessuali) è indicato il trattamento preventivo che deve essere eseguito contemporaneamente al caso indice, dato che un singolo individuo infestato può reinfestare le persone con cui viene a stretto contatto».