Cresce il consumo tra i più giovani
Il crack, la droga che si fuma, sta invadendo le nostre strade
Via Po, qualche giorno fa: un nigeriano in monopattino vede una pattuglia dell'Arma e immediatamente inizia a inghiottire quello che ha in bocca: portato in ospedale si scopre che erano 25 dosi di crack.
Via Trento, qualche ora prima: un tunisino inciampa in un controllo. Addosso gli trovano soldi e palline di crack. Poco lontano da li, in una fioriera del centro, durante un servizio dei carabinieri spunta ancora il crack nascosto nel terriccio: pronto per essere smerciato.
Qualcuno parla di «epidemia», i reportage evocano un'«emergenza». Ma anche senza cedere all'allarmismo il problema, è evidente, c'è. E non riguarda più solo le lontane periferie delle metropoli: è roba di casa nostra.
Lo dimostrano i casi citati sopra – che sono solo la proverbiale punta dell'iceberg – ma soprattutto lo rivela il più empirico dei segnali: quello che si ottiene buttando l'occhio sui marciapiedi. Nelle vie intorno alla stazione, nelle laterali di via Trento, nei parcheggi multipiano ma anche tra le cantine dei palazzi del centro sbucano ovunque bottigliette di plastica avvolte nella stagnola e trafitte da cannucce di fortuna: sono le pipe che si usano per fumare il crack. Basta contare le bottiglie: e si capisce che coloro che sono caduti anche a casa nostra nella trappola di questa sostanza che un tempo evocava solo degrado da telefilm a stelle e strisce sono tantissimi.
«L'aumento della diffusione delle cocaine è confermato dai sequestri di sostanze a livello nazionale e dall'analisi delle acque reflue in cui si trovano i residui di droghe – spiega Silvia Codeluppi, direttrice del servizio Dipendenze patologiche dell'AUSL. - In passato la gran parte di coloro che si rivolgevano ai nostri centri per chiedere aiuto per uscire dalla dipendenza utilizzavano eroina. Ora il numero maggiore fa uso di cocaina».
E moltissimi, appunto di crack: è un derivato della coca che viene trattata con bicarbonato di sodio o ammoniaca formando dei cristalli che poi si fumano. Chi l'ha provata racconta che «ti da una botta forte che dura poco, anche solo una quindicina di minuti». In compenso la dipendenza è praticamente immediata, le conseguenze fisiche e psicologiche devastanti. E come spiegano gli esperti «il craving è potentissimo»: significa che devi fartene subito una altra dose. E poi una altra ancora.
«I pusher che stiamo fermando in città ultimamente vengono trovati quasi sempre con dosi di crack – confermano le forze dell'ordine di Parma che svelano anche il retroscena di questo drammatica escalation -. Fumandola si ottengono effetti potenziati rispetto alla classica ingestione di coca per via nasale. Per questo è possibile vendere anche una sostanza con una purezza inferiore: insomma, si tratta di droga di bassa qualità che viene tagliata e venduta a prezzi bassissimi». Dunque, è una astutissima operazione di marketing: con un carico di coca si prepara una montagna di crack che i consumatori, sconvolti dal bisogno, acquistano compulsivamente mentre il costo limitato allarga la platea di potenziali clienti. Alla fine i narcotrafficanti festeggiano.
«Nel nostro lavoro di prossimità con i consumatori abbiamo la conferma che, pur in presenza di un diffuso poliabuso, il crack ha di fatto sostituito l'eroina negli ultimi anni», spiega Nicola Bolzoni, educatore dell'azienda Ausl che opera con le Unità di strada. D'altra parte è una sostanza diabolicamente perfetta: non serve la siringa, è facile da trasportare e con quindici euro si compra una dose. «E molti consumatori non vivono neppure lo stigma di essere tossicodipendenti. Tanto che ci sono molti che riescono a utilizzarlo pur restano socialmente inseriti». In pratica invisibili ma comunque dipendenti: mentre coloro che per colpa della droga sono sprofondati nella marginalità vengono avvicinati per provare a ridurre il danno. «Quanti sono? Non è facile capirlo. Possiamo dire che come unità di strada nel 2022 abbiamo avvicinato circa 230 nuovi consumatori». Una legione di vittime del crack, spesso giovanissime: «Con due euro si compra un tiro di sostanza», spiega un addetto ai lavori che racconta che spesso si trovano consumatori tra i ragazzi che escono da scuola. All'inizio basta un solo tiro. Ma non dura molto.
Rifornirsi, tanto, è davvero un gioco: i pusher che stazionano notte e giorno a due passi dal cavalcavia di via Trento, così come i loro «colleghi» intorno alla stazione, lavorano senza sosta: prendono una banconota e sputano la pallina che tengono in bocca. Poi aspettano il prossimo cliente.
«Noi facciamo il massimo per provare, almeno, a ridurre i rischi -prosegue Bolzoni. - Abbiamo, ad esempio, distribuito un centinaio di pipe in vetro spiegando ai consumatori di usare solo la propria per ridurre il rischio di contagi». Si, perché i cristalli ti mangiano i polmoni, spaccano il cuore ma non solo. Il crack, dopo un po', graffia il cervello, porta a scoppi di aggressività, a paranoie, persino a sintomi simili alla schizofrenia. «E chi fuma le prima volte questo non lo sa o non lo vuole pensare». Quando te ne accorgi, quasi sempre, è troppo tardi.