Tribunale

Per madre e figlia un lungo inferno domestico: condannato 30enne

Roberto Longoni

Soldi in casa, mai che ne portasse: a svuotargli le tasche erano le scommesse e l'alcol e le droghe con le quali sembra avesse una stretta frequentazione. Alla convivente, poi, il trentenne di origini rumene intimava di rispettare una rigida fedeltà (a sgarrare su questo fronte, semmai era lui), perché una relazione con un altro uomo le sarebbe costata la vita. In realtà, non era necessario che la convivente - una connazionale madre della figlioletta di dieci anni nata dalla loro relazione - facesse chissà che, per rimediare insulti, minacce e botte. A scatenare la furia del compagno bastava una minima richiesta da parte di lei di partecipare alle spese di famiglia o la supplica di smettere di drogarsi. Anche la piccola, che in qualche modo cercava di difendere la mamma, rischiava di farne le spese. Il padre, oltre che alla compagna, ha chiesto scusa anche a lei per il proprio comportamento.

Un inferno - stando alle accuse - durato oltre due anni e mezzo, fino al gennaio scorso, quando il trentenne è stato rinchiuso in carcere. Dove il Gup ha stabilito che resti per tre anni e mezzo, la durata della pena alla quale l'uomo - giudicato con rito abbreviato - è stato condannato (inoltre, saranno a suo carico le spese processuali).

Variegate le minacce alle quali era sottoposta la donna, che alla fine ha rimesso le querele. «Ti seppellisco viva con i tuoi» arrivò a dirle lui al culmine di un litigio. Il mese seguente fu meno «fantasioso», ma più credibile: tanto che la donna chiese l'intervento di un'amica in suo soccorso. Un giorno, quando lei, esasperata, gli fece trovare gli effetti personali fuori dall'uscio, lui prese a tempestare di calci e spallate la porta. S'infuriò pure con la figlioletta, promettendole di prenderla a pugni (in realtà, sempre stando alle accuse, con lei se la prese anche in una serie di messaggi Whattsapp inviati nel gennaio del 2023, quando era stato allontanato d'urgenza da casa), mentre la madre avrebbe fatto ben altra fine. Fu più dettagliato il giorno seguente, quando alla compagna fece sapere che se lei fosse andata con altri uomini, lui l'avrebbe fatta a pezzetti, raccogliendola poi in una serie di sacchi. Una minaccia che lei prese sul serio, cercando di far sparire il coltello a serramanico che il convivente portava spesso con sé. Non che per questo potesse sentirsi tanto più al sicuro. «Hai pochi giorni da vivere, ti spacco in due con una mano» le avrebbe detto lui, durante l'ennesima sfuriata.

Neanche una settimana, e le strinse il volto tra le mani, le strattonò per la catenina e la colpì, dopo che lei l'aveva implorato di chiudere una buona volta con le droghe. L'ottobre scorso, in una crisi di gelosie, rotte sul pavimento diverse bottiglie, lui la sbatté a terra e le strappò la maglietta, procurandole lesioni guaribili in sette giorni nel tentativo di impossessarsi del suo cellulare. Infine, ai primi dell'anno, la fece cadere lanciandole contro l'albero di Natale, per poi sbatterla contro un muro. L'ultimo episodio, che ha preceduto l'arresto.

Roberto Longoni