Processo
La tragedia di Sofia: le diverse verità di due degli imputati
Un ragazzino lo sembra ancora oggi, con i suoi 24 anni. Figuriamoci quel maledetto 13 luglio 2019, un sabato assolato e feroce di quasi cinque anni fa, quando in 80 centimetri d'acqua annegò una bambina che oggi sarebbe diciassettenne. Thomas Bianchi era il bagnino addetto alle piscine del Texas di Marina di Pietrasanta quando la piccola Sofia Bernkopf finì intrappolata sotto, nell'idromassaggio, i lunghi capelli risucchiati dalla bocchetta d'aspirazione. Tale era la forza di quella stretta, che chi liberò la bimba dovette strapparle, oltre alla ciocca «avvitata» nella bocchetta, anche un lembo di cuoio capelluto. Quasi di certo, Sofia almeno quel dolore non lo provò: dalla vasca fu tirata fuori priva di conoscenza. Non si riprese più: il miracolo non avvenne, e quattro giorni dopo, fu dichiarata morta all'Opa di Massa.
Bianchi - ora nelle vesti di imputato per omicidio colposo aggravato, come ad altro titolo sei persone con lui - era lì, in quei frangenti. E al tempo stesso forse non c'era, perché - come ha raccontato ieri in tribunale a Lucca, davanti al giudice Gianluca Massaro e al pm Salvatore Giannino - s'era dovuto assentare per vedere che cosa impedisse all'idromassaggio di funzionare al meglio. L'avvocato Stefano Grolla, che assiste i Edoardo e Vanna Bernkopf, genitori di Sofia, parti civili nel processo come sempre presenti in aula, quasi a non volersi risparmiare nemmeno una tappa di un calvario che si rinnova, gli ha domandato se fosse suo compito far rispettare l'obbligo (previsto per legge) della cuffia: lui, difeso dal professor Enrico Marzaduri, ha risposto di aver avuto disposizione di non richiederne l'utilizzo. Mentre dell'esistenza di eventuali dotazioni di sicurezza dell'impianto (ammesso ce ne fossero) ha detto di esserne del tutto all'oscuro. Nessuno, a quanto sembra, gli aveva fornito istruzioni. Anzi, nel corso del proprio esame il bagnino ha lasciato intendere di non aver ricevuto una particolare formazione da parte dei responsabili dello stabilimento.
Il pm lo ha più volte sollecitato su quante fossero le ore di lavoro previste dal suo contratto. «Ero stato assunto per quattro ore al giorno come apprendista. In realtà, ne lavoravo 13, senza mai poter godere del giorno libero settimanale» ha risposto il giovane. Perfino andare in bagno o concedersi la pausa pranzo gli sarebbe stato quasi impossibile. Un compito improbo, sorvegliare le piscine così affollate, per una persona sola, per di più tutte quelle ore di fila. Inutile però lamentarsene con colui che avrebbe dovuto essere il suo «tutor», il bagnino Emanuele Fulceri, 50 anni, anch'egli imputato. «Ogni volta che provavo a chiedergli qualcosa - ha spiegato il giovane - mi sentivo rispondere che se non avessi fatto ciò che mi diceva, avrei perso il posto».
Prima di Bianchi, ha accettato di rispondere un altro degli imputati, Mario Assuero Marchi, 74 anni, marito di Elisabetta Cafissi, 70, a sua volta chiamata a rispondere di omicidio colposo aggravato insieme con la sorella 66enne Simonetta e con il cognato Giampiero Livi, 67 anni. Nel corso del proprio esame, Marchi, ha cercato di negare ogni responsabilità. Ha sostenuto di essere un semplice consulente della Finanziaria Dante, la società di proprietà della famiglia Cafissi, e di essere stato presente nello stabilimento solo quando si trattava di accompagnare la moglie in villeggiatura. Tuttavia, ha spiegato di aver seguito la cessione del bagno dopo la tragedia della morte della piccola Sofia. Ma dalle parole di Bianchi, comparso davanti al giudice pochi minuti dopo, è emersa una differente interpretazione del ruolo del 74enne commercialista. Il bagnino ha riferito, infatti, di aver sempre considerato «capi» della Finanziaria Dante, proprietaria del Bagno Texas, dalla quale era stato assunto, Edoardo Cafissi (oggi defunto), le sue figlie Elisabetta e Simonetta e i loro mariti Mario Assuero Marchi e Giampiero Livi.
Oltre a loro, il settimo imputato è Enrico Lenzi, fornitore e installatore della piscina idromassaggio. Per ora, non è previsto né il suo esame né quello degli altri quattro imputati. La prossima udienza, lunedì 22, le difese hanno chiamato a deporre sette testimoni. Non saranno che i primi: altri seguiranno, e le loro audizioni procederanno al ritmo serrato imposto dal giudice a un processo che per anni aveva stentato a decollare. Massaro ha calendarizzato le udienze per i testi della difesa fino a luglio, quando dovrebbe chiudersi la fase istruttoria. Solo tre mesi, perché sia di nuovo luglio, anche se per la famiglia Bernkopf è come se non fosse mai passato da allora.
Roberto Longoni