IL CASO

Regio, prosegue la «guerra» tra Fondazione e Orchestra

Gian Luca Zurlini

Sono già trascorsi quasi 12 anni e tre gradi di giudizio, ma la vicenda del contenzioso tra Fondazione Teatro Regio e l'Orchestra del Regio è destinata a prolungarsi ancora nel tempo. Almeno fra i quattro e i sei anni secondo quanto emerso dalla commissione Garanzia e controllo convocata ieri con questo unico tema all'ordine del giorno.

Regio, doppio ricorso

L'allungamento dei tempi dell'infinito iter giudiziario deriverà dal doppio binario di ricorsi sul quale ha intenzione di procedere la Fondazione Teatro Regio, annunciato dall'avvocato Massimo Montanari, l'esperto legale a cui la Fondazione si è affidata. «La questione è molto complessa - ha spiegato - ma procederemo su due fronti. In Cassazione per contestare un cosiddetto errore di revocazione perché l'ordinanza che ha rimandato alla Corte d'Appello di Bologna di stabilire l'eventuale penale è a nostro giudizio errata in quanto è già passata in giudicato la nullità della convenzione per la quale la si vorrebbe far pagare». Su un altro lato, in Corte d'Appello, il Regio si costituirà per evitare l'estinzione del processo e sostenere le ragioni per cui la penale non è dovuta. Un percorso complesso, che, a giudizio sia di Fulvio Villa, avvocato e membro del Cda della Fondazione, che di Montanari, «potrebbe durare fra i 4 e i 6 anni».

«Nessuna condanna»

In apertura della commissione, presieduta da Priamo Bocchi (Fdi9, il sindaco Guerra, che è anche presidente per statuto della Fondazione Regio, ha ripercorso il cammino dell'Orchestra del Regio, «nata come ensemble voluto dal responsabile del Festival Verdi del centenario della morte nel 2001 Bruno Cagli e poi trasformata in Orchestra del Regio nel 2007. Nel 2012 poi, a fronte dei debiti elevati del Regio, il sindaco Pizzarotti decise di revocare la convenzione in essere e da lì nacque il contenzioso». A questo riguardo il sindaco ha precisato che «nei primi due gradi di giudizio il Regio ha avuto sentenze pienamente favorevoli, ma, contrariamente a quanto è passato come notizia, non è stato condannato dalla Cassazione a pagare alcuna penale. L'ordinanza ha infatti solo stabilito di rimandare alla Corte d'Appello la decisione sull'eventuale risarcimento».

Nessun fondo rischi

Il presidente Bocchi e Ubaldi (Cp) hanno sottolineato che «al di là delle rassicurazioni sulla non fondatezza delle pretese del liquidatore dell'Orchestra (che ha cessato l'attività da tempo ndr) non si capisce perché il Regio non abbia previsto alcun accantonamento a bilancio per il pagamento di un'eventuale penale, che andrebbe a ricadere sull'intera collettività».

Le ragioni di Messi

Il sovrintendente del Regio Luciano Messi ha risposto che «nei primi due gradi di giudizio le nostre ragioni sono state accolte in pieno dai magistrati, per cui non ritenevamo che ci fossero rischi particolari, anche perché nessuna cifra è stata mai in discussione in sede giudiziaria in quanto i 3 milioni e mezzo richiesti dall'Orchestra sono una somma stimata da una parte, ma senza che vi siano stati confronti nel merito. Ora valuteremo con i legali cosa fare per il bilancio del 2024, anche se ancora nessuna condanna è stata pronunciata nei confronti del Regio».

«Mediazione non possibile»

Il sindaco ha poi affermato che «non era neppure possibile arrivare a una transazione con l'Orchestra, perché con due gradi di giudizio vinti la Corte dei Conti avrebbe sicuramente avuto qualcosa da dire sull'eventuale utilizzo di denaro pubblico a fronte di una causa che stava procedendo in questo modo. Ora seguiremo la situazione con attenzione, ma siamo ancora convinti che le nostre ragioni possano prevalere». Bocchi ha però sottolineato che «tre gradi di giudizio ci sono comunque stati e al momento la Cassazione ha stabilito che la Corte di Appello dovrà valutare se c'è da pagare una penale e quantificarla. E appare evidente, senza entrare nel merito della vicenda giuridica, che il sindaco Pizzarotti ha commesso un errore macroscopico interrompendo la convenzione e a pagarlo rischiano di essere tutti i parmigiani».

Gian Luca Zurlini