Incontro con Pizzaballa
«Padre Lino? Un profeta» Il patriarca di Gerusalemme ricorda il frate francescano
Parla di Padre Lino, di cui sono in corso le celebrazioni per il centenario dalla morte, ma anche della situazione di guerra che insanguina la Terra Santa, la sua casa, e poi lancia un appello a chi, per fortuna, la guerra non la vive sulla propria pelle: «Non ripetete le nostre divisioni». Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, ieri era a Parma, ospite dei frati dell'Annunziata, per l'incontro «Padre Lino: l'accoglienza come segno della carità di Dio». Ma prima dell'appuntamento serale in chiesa, ha accettato di incontrare i giornalisti, in una stanza affacciata sullo splendido chiostro, per parlare del frate più amato dai parmigiani, ma anche della terribile situazione in «Conosco bene la questione israelo-palestinese e la guerra a Gaza, che sta creando drammi che non avevamo mai visto in precedenza - esordisce il cardinale -. La guerra non è una novità in Medio oriente, ma l'intensità di quello che sta accadendo e l'impatto sulla popolazione è qualcosa di mai visto in precedenza, almeno nella storia recente. Il mare di odio, di sfiducia e di rancore che regna fra le due popolazioni, quella israeliana e quella palestinese, è qualcosa di inedito. La situazione umanitaria a Gaza è drammatica. Oltre un milione e mezzo di persone sfollate, che vivono nel nulla, sotto le tende, per chi le ha, senza acqua, con pochi viveri, senza medicinali e senza prospettive, perché non si capisce come finirà questa situazione».
Le trattative di pace, seppur fra mille lentezze, vanno avanti, «ma i tempi sono lunghi e in ogni caso le conseguenze di quello che è accaduto dureranno per anni». Impossibile sostenere il contrario, purtroppo.
Pizzaballa, che vive in prima linea il dramma della guerra, si rivolga a chi, fortunatamente, è lontano dal conflitto. «Evitate di ripetere qui quello che stiamo facendo noi giù, dove siamo divisi su tutto. Non abbiamo bisogno che vi dividiate nelle università, nelle piazze. Abbiamo bisogno che ci aiutiate a ricomporre le divisioni, non a ripeterle».
Dalla guerra alle migrazioni, altro fenomeno che caratterizza la nostra epoca. «Il mondo è sempre più globalizzato e lo scambio non si limita alle merci e all'energia, ma riguarda anche le persone e i popoli. Dobbiamo fare i conti con questi grandi cambiamenti per i quali, forse, non siamo del tutto preparati». Ecco che qui il cardinale chiama in aiuto la figura del frate parmigiano (d'adozione). «Padre Lino può aiutarci a interpretare queste situazioni a partire dall'ascolto delle povertà».
Ma chi era Padre Lino? Il cardinale lo presenta come un uomo di pace, ma anche come «un gran rompiscatole». Una definizione che non suona come un'offesa, ma è un ritratto sincero, autentico. «Padre Lino, dal mio punto di vista, è stato un profeta nel senso biblico. I profeti, dentro la comunità, sono sempre stati elementi di disturbo. Quando tutto va bene sono quelli che dicono “guardate che vi state comportando male”, mentre quando le cose vanno male sono quelli che offrono una speranza. Ecco, Padre Lino è sempre stato sul confine, faceva parte di un'istituzione religiosa che aveva le sue regole, anche molto rigide, però aveva colto una realtà: cioè che non poteva vivere la sua esperienza religiosa senza guardare ai poveri. E i poveri danno sempre fastidio, perché a volte sono petulanti, a volte non sanno dire grazie. Lui è stato capace di lasciarsi infastidire dai poveri, ma a questo fastidio ha dato un senso religioso, spirituale, in quanto non poteva rimanere fermo guardando tutta quella povertà».
Dalla povertà alla società del benessere. «Dio e la Chiesa suscitano sempre meno interesse. C'è un'innegabile fatica nelle nuove generazioni nel pronunciare la parola “per sempre”. Infatti, non ci sono solo poche vocazioni, ci sono anche pochi matrimoni». Come invertire la tendenza? «Per coinvolgere le nuove generazioni bisogna partire dal lavoro sui territori. Come fare? Non ci sono soluzioni magiche. La Chiesa deve essere Chiesa e basta, deve parlare di Dio e parlare dell'uomo, amandolo, poi il resto verrà da se».
Pierluigi Dallapina