Il personaggio
Adriano Galliani, passione infinita per il calcio e per il Monza
«Giovedì, 19 marzo 1959, San Giuseppe. Mamma è di là, in camera sua, con parenti e amici che sono venuti a salutarla per l’ultima volta. E’ morta ieri, domani l’accompagneremo al cimitero. Ho quattordici anni.
Papà si china leggermente verso di me e mi dice:’’Adriano, vai pure allo stadio’’. Io lo osservo sorpreso: poi, istintivamente, mi volto verso la camera della mamma, come per chiederle che cosa pensi. Papà intuisce i miei pensieri perché aggiunge: “Ti farà bene. La mamma è contenta se vai a tifare il Monza”.
E’ stata lei a trasmettermi la passione per il calcio e per gli sport. A cinque anni mi accompagnava già allo stadio. Solo noi due. Era il nostro rito. La messa in Duomo, un pranzo veloce e poi a piedi al vecchio San Gregorio.(…) . Era assolutamente convinta che un giorno avremmo visto il Monza in serie A. Il suo sogno. (…) Facile capire perché a Pisa, alle 23 e 12 del 29 maggio del 2022 nel momento in cui il Monza ha conquistato la promozione ho pianto come un bambino. In quelle lacrime c’erano mia madre, la passione che mi ha trasmesso, il sogno della serie A che avevamo sfiorato insieme e che in centodieci anni nessuno aveva mai realizzato».
Da quel 19 marzo del 1959, ogni domenica c’è un ideale altare fiorito per la madre, nel Tempio dell’identità monzese , quello in cui Adriano Galliani si rifugia a metà del secondo tempo: lasciato lo stadio per insopportabile tensione psichica, eccolo irrompere nel Duomo della Corona Ferrea, e ‘Puer aeternus’ rinascere ogni volta a un’immortale incontro con Mamma Annamaria, santa Madre protettrice: «Mi ha messo al mondo sotto le bombe, alle ore 23 del 30 Luglio 1944… Tre mesi dopo fecero strage della vicina scuola elementare di Gorla: centottantaquattro bambini e diciannove insegnanti morti sotto le macerie», ricorda il sempiterno fanciullino Adriano abitante nel fisico di gagliardo brianzolo che in età adulta incontrerà l’altra figura totemica della sua esistenza: Silvio Berlusconi. Incontro leggendario: era il primo novembre del 1979, giorno di devozione sepolcrale che la chiamata dall’Olimpo di Arcore, Villa San Martino, trasformerà in un episodio consono allo scanzonato e affettuoso verso del poeta milanese, Delio Tessa : «L’è el dì mort: aleghér !»
E «aleghér» per il resto dei loro giorni saranno i due interlocutori dell’incontro dal quale dapprima uscirà il Galliani Signore delle Antenne dell’impero mediatico di Berlusconi. E nel 1986 Adriano diventerà l’ alter Ego del Dottore fresco acquirente del Milan. Qui approderà come preparatore atletico, il borghigian-salsese Vincenzo Pincolini, vecchia gloria dell’atletica parmense, scatenantesi in una maniera rivoluzionaria del fare allenamento. «Pincolini? Un martello», dice Galliani stupefatto dai metodi instaurati al Milan dal «Pinco», il quale annuisce: «Sì proprio: un martello: ma sempre di corsa davanti a loro, i giocatori. E’ stata questa mia caparbietà a farmi accettare dalla squadra, oltre che la convinzione di far parte di un gruppo vincente, composto da ottimi calciatori soprattutto intelligenti».
Certo, i risultati di quel Milan sono dovuti anche – e, secondo molti, soprattutto – all’infinita capacità pecuniaria di Berlusconi. Argomento tambureggiato fin dalla «discesa in campo» calcistica, effettuata con elicotteri e colonna sonora delle Walkirie wagneriane all’Arena di Milano. Ma Galliani non ci sta: «Certo, ho fatto spendere parecchi miliardi al dottor Berlusconi» dice. «Ma a un certo punto si verificavano anche casi di campionissimi che cercati da squadre multimiliardarie- come per esempio il Barcellona o il Real Madrid, o la Juventus o l’Inter- preferivano il Milan per via del fascino, dell’allure che aleggiava intorno ai colori rossoneri. Tant’è», soggiunge Galliani il pifferaio magico, furbo come una volpe e capace di gesti clamorosi nel corso delle trattative, «che sono ben otto i fuoriclasse premiati con il Pallone d’Oro, che hanno militato nel Milan»: a partire dal preferitissimo Van Basten: «Marco, il più grande!».
E’ spumeggiante di vita, di ricordi intensi, questo libro ben scritto da Galliani, autobiografo coadiuvato dal bravissimo Luigi Garlando, firma storica della Gazzetta dello Sport. Un libro che l’associazione «Full Monty, attivaMente» promotrice di un modo di fare cultura con i muscoli e, con la presidenza di Luciano Solari e la supervisione di Vincenzo Pincolini, ‘’guru’’ dello sport inteso soprattutto come valore morale, è in grado di proporre appuntamenti contrassegnati da un sempre maggior successo. Venerdì sera, alle 20,30, nel teatro Giuseppe Verdi sarà dunque la volta di Adriano Galliani, protagonista, al di là delle opinioni personali, delle stagioni berlusconiane vincenti nel settore televisivo, in quello calcistico e infine nell’agone politico. Berlusconi è motivo di emozione tremula in Galliani, suo amico intimo e da lui sentito e visitato fino alla fine. «Una delle ultime visite - ricorda il presidente del Monza - Berlusconi si toglie di colpo la maschera dell’ossigeno e velocissimo mi chiede: “Adriano, ma perché tiriamo così poco in porta?”»
«Le memorie di Adriano G. storia di una passione infinita» è un caleidoscopio di successi : brodo di giuggiole per i tifosi milanisti e gli appassionati di calcio davanti al panorama rutilante di facce di campioni, di coppe, di scudetti ,e di marpionate gallianesche. Questo abile e pragmatico brianzolo, uno dei pochi uomini apprezzati grandemente da Berlusconi. Il cronista che scrive fu testimone diretto della fiducia e della profonda stima del Cavaliere nei confronti del collaboratore al quale aveva affidato una delle sue creature più amate. Una sera durante un’intervista chiesi al Berlusconi diventato da poco Presidente del Consiglio un suo giudizio sugli altri leader, capi di governo e capi di Stato, incontrati nei summit internazionali. Arrivati al presidente americano, disse sorridendo: «George Bush? E’ simpatico, determinato e forte come una quercia. Insomma: è un bel Galliani!». Sì il Galliani che negli anni dei trionfi milanisti, in occasione dei gol rossoneri dava vita a esibizioni indimenticabili e indimenticate, mandate in onda, in diretta, nei programmi calcistici. Stralunate sovreccitazioni, abbracci scassacostole con il mal-ben-capitato vicino, urli di gridatissima gioia per mezzo di barriti dai decibel assodar danti. «Ma non ero e non sono io quell’uomo», assicurava e assicura tutt’ora lui, Adriano Galliani. «Quando mi vedo nelle registrazioni? Non so che cosa dire. Giuro che non ricordo niente di quei momenti». Che il Galliani dottor Jackill sia dunque abitato da un mister Hyde «Millansonnambulista»?
Già! Le antenne, il Milan e la politica. Silvio Berlusconi, che in un incontro di mezz’ora intravvede il pratico talento multiformeme del fido Supermonzese capace di assicurargli la copertura nazionale delle delle sue tre emittenti. E dopo questo successo, ecco il Diavolo: l’avventura del Cavaliere nel calcio: lui neofita ha bisogno di un aiutante, E chi, se non il vicepresidente del Monza dal 1975? Tutto nasce nel corso della trattativa per le antenne. «Berlusconi diventa mio socio al 50 per cento» racconta Galliani, questo bel tipo dallo smisurato orgoglio di «monzesità». Trattasi dt una categoria del costume e dello spirito, alimentata dalla storia patria e dalla fedeltà domenicale alla squadra e al pranzo a base di «casseula cunt la luganega», virtù in base alle quali gli abitanti dell’antica capitale Brianzola già Longobarda, considerano Milano come un paesone industriale pericolosamente debordante verso l’hinterland, dove ha creato anonime «banlieu» senz’anima. Dimodochè i «noi monzesi, pur essendo parte della Diocesi di Milano rifiutiamo ll rito Ambrosiano», spiega Galliani: «Celebriano con il rito Romano. E i monzesi tifosi delle milanesi sono molto rari». Sicché il «munsciask» dice a Berlusconi di essere disposto a lavorare giorno e notte, ma a un patto: poter seguire il Monza sia in casa sia in trasferta. Il Cavaliere, sorpreso.gli chiede lumi. «Cioè?». «Vuol dire che se io sono a Trieste per le nostre antenne e ll Monza gioca a Catania, devo avere il tempo per fare Trieste-Catania e Catania-Trieste. Se poi la settimana dopo sono a Bari e il Monza gioca in casa, devo avere il tempo di fare Bari-Monza e Monza Bari». E Berlusconi?: «Mi guarda come si guarda un folle» ricorda il labirintico fans: «Ma accetta:’’Segua pure il Monza in casa e in trasferta’’ mi dice». No, non è per caso che ora Galliani, eletto senatore, sieda nel posto che era di Silvio Berlusconi. «Del dottor Berlusconi, l’uomo al quale devo tutto». precisa devotamente lui, il «bel Bush» dell’antenna, del Milan e del Monza.