Processo

Aqualena, il pm richiede 22 anni e dieci mesi di reclusione per i tre imputati

Roberto Longoni

Centonovanta pagine che rischiano di costare 8 anni a testa ad Antonio e Marcello Vetere e 6 anni e 10 mesi ad Antonio Dimichele. Queste le richieste a carico dei tre imputati nel processo Aqualena avanzate da Paola Dal Monte «convinta della piena responsabilità» dei due imprenditori cutresi residenti a Reggio Emilia, di 67 e 55 anni, e del 49enne avvocato parmigiano di origini tarantine. I primi due considerati promotori e organizzatori dell'«affaire», con il legale per suggeritore. Anziché a una requisitoria orale, il pm ha affidato le conclusioni a una capillare memoria («basata su prove documentali») consegnata al collegio presieduto da Simone Medioli Devoto (giudici a latere Gabriella Orsi e Francesco Magnelli).

Il processo in vista del traguardo è quello legato all'impianto sportivo (con palestra, piscina e centro estetico) di via Ximenes. Aqualena: un nome che ne richiama altri, da Europa Horus a International Services e Hcp Srl, per citarne alcuni, che - appunto - sarebbero una «galassia di scatole vuote», secondo l'accusa, create ad arte attraverso decine di manovrabili prestanome pescati anche tra i pazienti del Sert per eludere fisco (verso il quale i debiti ammonterebbero a 11 milioni), fornitori e creditori e al tempo stesso mantenere il possesso della struttura tra presunte vendite fittizie e fallimenti in serie.

Su questa «nebulosa» la Guardia di finanza coordinata dal pm Umberto Ausiello cominciò a indagare nel 2015 per presunti reati fiscali. Dopo sette anni, si arrivò al sequestro dell'impianto sportivo e dell'hotel City del Cornocchio. Le ipotesi di reato evidenziate dagli inquirenti vanno dall'associazione per delinquere finalizzata a commettere delitti di bancarotta fraudolenta all'insolvenza fraudolenta, fino alla truffa, all'autoriciclaggio, all'omessa dichiarazione fiscale e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Di fronte alla «requisitoria scritta», le difese, soprattutto Enrico Dalla Capanna e Oliviero Mazza, che assistono i Vetere, hanno avuto da eccepire. Hanno chiesto tempo per studiare le 190 pagine. Ma Medioli Devoto è stato irremovibile. «Il termine ultimo del processo è il 21 giugno. Non ci sono motivi per non rispettarlo: la memoria non è che il riepilogo di quanto emerso in fase istruttoria» ha ribattuto. E così il 7 giugno, alla penultima udienza, terranno la loro arringa Mario L'Insalata e Aniello Schettino, difensori di Dimichele, che si ribadisce estraneo alle accuse. «A mio carico - ha sottolineato - non è emerso nulla in fase istruttoria. Anzi, mi si imputano responsabilità negate poi in aula dai testimoni. Confido nella mia difesa, non appena avrà la possibilità di parlare». A caldo, L'Insalata definisce «priva di fondamento la richiesta, alla luce dell'istruttoria. E poi qui, come in altri processi, si rischia di identificare il legale con l'assistito: un grandissimo rischio per il ruolo istituzionale dell'avvocato».

Piena sintonia con le richieste dell'accusa è stata espressa dai legali delle parti civili. «I Vetere - ha sottolineato Sara Carnesecca, per VVV Aqualena - hanno anche utilizzato ingentissime somme dei conti correnti della società. È stato comprovato l'anomalo trasferimento del centro sportivo di via Ximenes a un prezzo di gran lunga inferiore rispetto al valore effettivo. Inoltre, è avvenuta anche la dispersione dei beni mobili dell'Aqualena, poi ritrovati in altre attività sempre riconducibili ai Vetere». Secondo l'avvocato, il danno patito dalla società Aqualena «si avvicina ai 7 milioni, ai quali si aggiungono i 3 della struttura, i due e mezzo delle somme sottratte dai conti, i 120mila delle spese notarili e i 90mila dei beni mobili». Sara Carnesecca ha chiesto un risarcimento di 12.349.139,58 euro e una provvisionale immediatamente esecutiva di 2 milioni». Alessandro Tanzi, legale dell'Europa Horus, che gestiva gli impianti di via Ximenes e aveva un contratto d'affitto per il centro estetico, a sua volta costituitasi parte civile, ha ricordato «movimenti di denaro privi di giustificazione. E, nel maggio 2016, un contratto per le pulizie firmato da chi non era più il titolare». Tanzi ha chiesto la condanna dei Vetere alla restituzione di 608.253,88 euro «corrispondenti al passivo. O in via subordinata una condanna generica con una provvisionale di 200mila euro e il pagamento delle spese processuali». Venerdì prossimo, la parola alle difese. Anche i Vetere si sono riservati di rilasciare spontanee dichiarazioni.

Roberto Longoni