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Altro che “social”: ai tempi degli altoparlanti, la politica era «ambulante»

Lorenzo Sartorio

Nei giorni scorsi in strada D’Azeglio, nel primissimo pomeriggio, un ambulante, a bordo del suo camioncino, tramite un altoparlante posizionato sul tetto della cabina del mezzo, reclamizzava le sue fragole. Un episodio inconsueto ai nostri tempi basati su ben altre tipologie di promozioni mediatiche dei vari prodotti come, ad esempio, le pubblicità che ci martellano insistentemente nel bel mezzo di un programma televisivo ed anche nel bel mezzo di una partita di calcio tra un cambio e l’altro dei vari giocatori rimpicciolendo le immagini del campo e facendoci innervosire non poco. Fra pochi giorni si svolgeranno le elezioni europee e milioni di italiani saranno chiamati al voto.

E allora, quell’autarchico richiamo dell’ortolano in strada D’Azeglio con l’altoparlante, agli «over anta», ha fatto fare un tuffo nel passato quando, anche le campagne elettorali, erano amplificate dagli altoparlanti nei vari comizi. Oggi anche in politica si utilizzano altri mezzi per convincere gli elettori: incontri televisivi in talk show, comunicazioni sui social, si postano tweet: ci si offende, ci si scusa, ci si rioffende, ci si riscusa, si scrivono fandonie, falsità, calunnie e, molte volte, non ci si scusa. Insomma, un circo intollerabile e, molte volte, incivile.

Ma ritorniamo, che è meglio, ai nostri cari vecchi altoparlanti. In qualche paesino della nostra montagna sono emozioni che, specie in estate, si possono ancora provare. Accompagnata da qualche allegro motivetto di «liscio», non è raro che il silenzio dell’afoso pomeriggio sia interrotto dalla voce di un ambulante il quale, con tanto di altoparlante montato sulla sua auto e sul suo furgone, proponga la propria merce: frutta, verdura, materassi, merceria, lozioni magiche, pentole, tegami ed anche affilatura di coltelli, forbici ed altre lame.

Effettivamente fa un po’ specie in pieno boom informatico, quando si fanno acquisti via rete e in asettici supermercati, assistere a questo tipo di vendite molto «ruspanti» che portano i non più giovani ai tempi nei quali l’altoparlante era molto diffuso, non solo per vendere mele, pere o materassi. Infatti, negli anni Cinquanta-Sessanta, l’altoparlante era uno strumento utilizzato, sia dagli ambulanti, che reclamizzavano la loro merce infarcendo gli annunci con battute spiritose, a volte grasse, ma comunque all’insegna dell’estrosità e dell’allegria, ma anche dai politici. Gli altoparlanti vivevano la loro stagione magica durante le campagne elettorali. E allora sulle «Topolino C», «Giardinette», «Seicento» normali o multiple, millecento e camioncini «Fiat-musone», venivano installati due tromboni che, ancor prima di emettere la voce, gracidavano come grasse rane di Po. E anche le voci mutavano a seconda del messaggio politico. Marziali, secche e con cipiglio severo quelle che annunciavano comizi e adunate missine, eleganti e con una sorta di erre moscia che faceva tanto snob quelle che annunciavano un comizio monarchico. Mentre invece erano roche, profonde e gutturali le voci che preannunciavano un’adunata rossa o una festa dell’Unità.

Angeliche e candide erano, infine, le voci che comunicavano i comizi dello scudocrociato. Destra, centro e sinistra, comunque, utilizzavano il caro vecchio altoparlante a tromba non certo raffinato e sofisticato come il suo discendente del terzo millennio che propone voci miscelate, al naturale e, soprattutto, chiare e ben scandite.

Peccato che i comizi siano passati di moda. I tromboni di una volta, autarchici e gracidanti, emettevano voci alterate che, procurando una terribile eco, incombevano con forza acustica nei borghi e nelle piazze dove il rimbombo era tremendo. Ormai il vecchio altoparlante è sparito, non è più di moda sostituito da moderni impianti che amplificano le voci in modo molto più naturale e soft. Specchio dei tempi. Per azionare il vecchio altoparlante era sufficiente alzare o abbassare un interruttore che, a volte, poteva dare anche la scossa. Però, in caso di mancato funzionamento, qualche imprecazione e qualche robusta manata erano in grado di far partire l’impianto. E allora, come non ricordare i comizi evocati da Guareschi nel suo «mondo piccolo» e riproposti dalle inimitabili pellicole di Carmine Gallone e Julien Duvivier? L’altoparlante era il vero, autentico padrone della piazza e quei tromboni aggrappati al palco trasmettevano la voce possente dell’oratore che prometteva «giustisia» e libertà. Agli altoparlanti proletari si opponevano quelli un po' più delicati della canonica dai quali provenivano le candide note di inni clericali per poi far posto alla voce nasale di qualche devoto e pio chierico imprestato alla politica. Per non parlare degli altoparlanti issati sulle auto dei missini, solitamente ammaccati, in quanto, dopo i burrascosi e rocamboleschi comizi, non era raro che l’equipaggio nero fosse preso a sassate specie nella Bassa. Altoparlanti politici, ma anche per animare le processioni dove robusti fratoni o smilzi pretini intonavano le note del «Noi vogliam Dio» accompagnate da una sequela di litanie che si libravano nell’aria tiepida della sera unitamente al profumo delle rose che costellavano l’immagine della Vergine come avveniva nella chiesa delle Grazie, alla fine del mese di maggio, con la processione mariana, lungo i borghi «de dla da l’acua», guidata da padre Pietro Rossi che, con voce tenorile, guidava i canti liturgici emulando il confratello Padre Vitale Vitali che animava la processione di Sant’Antonio la sera del 13 giugno in San Pietro d’Alcantara in via Padre Onorio.

Un mago parmigiano degli altoparlanti fu l’indimenticato Giorgio Zanichelli scomparso nel 2010 all’età di 73 anni. Giorgio, oltre che tecnico del suono, fu un provetto antennista e, di tegole e coppi di case e palazzi cittadini, ne calpestò tanti conoscendoli molto bene, forse più dei gatti.

Giorgio, conosciutissimo nella nostra città, fu titolare con i fratelli dello storico negozio di elettrodomestici di via Emilio Casa. Fu, per anni, l’insostituibile tecnico del sonoro di quasi tutte le sale da ballo parmigiane e delle varie manifestazioni politiche, sportive e religiose. Con l’avvento degli apparecchi televisivi, gli Zanichelli, che inizialmente avevano un negozio di radio in via Nazario Sauro, si trasferirono in strada Repubblica, viale Mentana e, quindi, in via Emilio Casa dinanzi alla vecchia sede della Gazzetta di Parma.

Carattere sempre allegro, simpatico, burlone, Giorgio, non si arrendeva mai dinanzi alle difficoltà che incontrava nel lavoro ed aveva sempre la soluzione pronta dettata dal suo estro, ma, soprattutto, dalla sua bravura di tecnico serio e preparato nonchè «figlio d’arte» in quanto il padre, il mitico Gemmino, ex vigile urbano, una volta appesa l’uniforme al chiodo, divenne uno dei pionieri parmigiani della vendita e riparazione di elettrodomestici e altoparlanti. Giorgio salì anche alla ribalta della stampa locale per avere installato, negli anni Sessanta, un’altissima antenna in strada Repubblica sormontata da una lucina rossa tanto da evocare, in una nebbiosa notte autunnale, l’atterraggio a Parma dei marziani come riportò spiritosamente la Gazzetta di allora.

E allora, basta davvero poco per far apparire i fantasmi di un recente passato che, se anche non prevedeva computer, cellulari e sofisticati impianti stereo, fa riecheggiare quelle melodie della vita che non hanno certo bisogno di altoparlanti tanto sono ancora scandite e chiare nell’animo di chi ha vissuto quei magici anni.