L'intervista

Parma, il consiglio di «Barba-Bomber» Nocciolini: «Per la A, accanto a Bonny, serve un attaccante di esperienza»

Pietro Razzini

«Barba-Bomber» è tornato a Parma. Per amore, perché qui vivono la compagna Denise e la splendida figlia Nina di due anni e mezzo. Per piacere, perché da quando ha iniziato a segnare i primi gol in maglia crociata, si è sempre sentito a casa. Per dovere, perché al termine della stagione con il Grosseto, in attesa di una nuova squadra (possibilmente a un chilometraggio limitato), ha intrapreso una nuova attività: noleggia auto e furgoni. E visto che di macchine e di pallone, Manuel Nocciolini se ne intende, abbiamo giocato un po’ con lui: «Pensando al campionato di cui è stato protagonista, il Parma potrebbe essere paragonato a una Ferrari: bella, rombante e ammirata da tutti».

Due giocatori come Man e Bernabè, invece?

«L’attaccante rumeno è sicuramente una Lamborghini, macchina velocissima proprio come lo è lui sul fronte offensivo. Il centrocampista spagnolo, invece, è una Rolls Royce perché ha un’eleganza innata. Vettura di classe per un giocatore di classe».

E il nostro allenatore?

«Con il suo motto “Tutti dentro”, mister Pecchia potrebbe essere un Van della Mercedes. Anzi lui sarebbe il guidatore esperto che porta il team verso la meta».

Chi è stato secondo lei il leader di questa squadra e chi era quello del suo Parma?

«L’unione del gruppo, in entrambi i casi, è stato fondamentale per raggiungere l’obiettivo. Nel mio caso c’era Alessandro Lucarelli ma non era l’unico: figure come quelle di Di Cesare, Corapi e Giorgino hanno avuto un grande peso specifico. Oggi, oltre a capitan Del Prato, sottolineo l’importanza di Fabio Pecchia: semplicemente fondamentale».

Nel suo anno di Lega Pro con il Parma, realizzò 13 gol e 3 assist: quale gara ha maggiormente nel cuore?

«Il match contro il Pordenone: segnai una tripletta. Stavamo perdendo 2-0 e riuscimmo a ribaltare il match. Tre reti tutte indimenticabili anche se una diversa dall’altra».

E la marcatura più importante?

«Sicuramente quella in finale contro l’Alessandria: fu il gol del raddoppio, il più brutto, esteticamente, della mia vita. Un po’ di testa, un po’ di collo. Ma che emozione».

Dove è nato il suo soprannome?

«Qui a Parma, da un amico-tifoso che, un giorno, stilò la formazione crociata con i soprannomi di tutti. Da quel momento diventai “Barba-Bomber” e poco dopo nacque l’esultanza che, ancora oggi, continuo a portare con me».

Ultimamente si vedono sempre meno festeggiamenti iconici dopo un gol.

«È vero: se penso al Parma mi viene in mente Charpentier “il generale”, le scivolate verso la bandierina, le braccia aperte e gli abbracci di gruppo. Ma niente di caratterizzante. Però io ho una spiegazione».

Quale sarebbe?

«Il Var: anche dopo aver segnato non si sa mai se la rete verrà realmente convalidata. E l’entusiasmo viene smorzato. Spesso si esulta due volte ma la prima ha sempre un po’ di suspense».

A proposito di gol, al Parma serve un attaccante nuovo per la Serie A?

«Credo di sì. Io sono un estimatore di Bonny ma gli affiancherei un centravanti con maggiore esperienza. In questo modo avrebbe meno responsabilità e gli si permetterebbe di crescere in maniera più omogenea, pur dandogli lo spazio che merita».

In quali reparti vede la necessità di intervenire?

«Il salto dalla serie B alla serie A è sicuramente impegnativo. Credo che serva investire su atleti che conoscono il campionato. Ritengo Valeri, per esempio, un ottimo acquisto. Giocatore di valore che il tecnico Pecchia conosce bene, dato il periodo positivo insieme a Cremona».

Parlando di allenatori, lei a Parma ha avuto Apolloni, Morrone e D’Aversa.

«Ad Apolloni devo tutto: arrivai a Collecchio come ultima punta e, dopo un buon precampionato, mi diede fiducia. Morrone mi allenò solo un paio di settimane ma fu una bella esperienza: ci fece capire l’importanza di affrontare qualsiasi avversario senza paura».

E D’Aversa?

«Lui ripeteva sempre che in squadra l’unico con cui avrebbe potuto litigare ero io perché si sarebbe trovato il modo di riappacificarsi. Avevamo un ottimo rapporto. Una curiosità legata a quell’anno: io fui l’unico calciatore di quel Parma ad andare in gol sotto la guida di tutti e tre i mister».

Pietro Razzini