TRADIZIONI
Tortellate tra riti pagani e buona tavola: indagine sulle radici di un «mito»
Si avvicina la tradizionale notte di San Giovanni che, come ogni anno, verrà festeggiata a Parma e provincia con tortellate nelle piazze e nei borghi, organizzate dai ristoranti, dalle trattorie, ma anche dalle singole famiglie. Solitamente le tortellate si svolgono la sera del 23 giugno per salutare il solstizio e aspettare il mattino per raccogliere la «rozäda äd San Zvan», la rugiada di San Giovanni, con un menù che prevede tortelli d’erbetta a volontà.
Come e perché sono nati i tortelli è stato il punto di partenza dell’incontro «La cucina del solstizio. Riti e miti di San Giovanni», organizzato nel laboratorio aperto del complesso di San Paolo. «La rugiada della notte – spiega Giancarlo Gonizzi, coordinatore dei musei del cibo di Parma – è ritenuta benefica e miracolosa: questa credenza, antichissima, è legata alla ricorrenza del solstizio d’estate ed è un mischiarsi di rituali pagani e cristiani. Le feste cristiane si sovrappongo alle festività legale al ciclo del sole e della luna».
I tortelli, secondo il critico gastronomico Andrea Grignaffini, nascono come un piatto molto semplice. «La preziosità del tortello – sottolinea – sta nella manifattura, non negli ingredienti. Il tortello nasce come via di fuga per tutte quelle famiglie che non potevano buttare niente. Venivano utilizzati, insomma, gli scarti. Questo piatto dimostra la grande intelligenza delle donne italiane, sempre attente all’economia domestica».
Gonizzi offre una prospettiva leggermente diversa sull’evoluzione del tortello, sottolineando l’uso di spezie preziose. «L’utilizzo del pepe e della noce moscata – aggiunge – ci dicono, in realtà, un’altra cosa. Il pepe, ad esempio, impiegava sei mesi per arrivare in Europa e costava davvero tanto. Era un po’ uno status ed indicava una certa disponibilità economica».
Ma i misteri sulla nascita dei tortelli non finiscono qui. Pare, infatti, che ci sia una correlazione con i monaci cistercensi, che influenzarono profondamente la cucina locale. «Ho ritrovato un documento che racconta la strategia nascosta dietro ai tortelli – svela Giovanni Ballarini, presidente onorario dell’Accademia italiana della cucina –. I monaci cistercensi hanno fondato l’abbazia di Fontevivo nel 1142 e, qualche anno prima nel 1138, un’altra abbazia in Svevia, dove i tortelli hanno la stessa forma, sebbene siano ripieni di carne».
I monaci cistercensi, grandi esperti dei prodotti della terra, portavano con sé ricette e tecniche di produzione, influenzando la cucina locale. «Altra curiosità che si cela dietro ai tortelli – prosegue Gonizzi – è che sono stati inventati come dei nascondigli per la carne, in un momento in cui la carne non era permessa, ma i membri della comunità desideravano ardentemente mangiarla».
Un mistero, quello dei tortelli, che riflette un adattamento ingegnoso alle risorse e alle esigenze del momento.
Laura Ruggiero