Processo

Sofia, sette ore di scontro in aula

Roberto Longoni

«E adesso arriverete anche a dire che Sofia si è suicidata, in quella vasca maledetta?». Impegnata a trattenere le lacrime a ogni udienza (tante tappe di un calvario), alla fine Vanna Broia non è riuscita a trattenere la rabbia e ha gridato ieri in aula a Lucca contro una ricostruzione che le suonava come un oltraggio. I periti della difesa stavano parlando della sua Sofia, la sua piccola che le è stata portata via per sempre cinque anni fa nei bagni Texas di Marina di Pietrasanta. Era un sabato di festa: diventato tragedia per una vita nel tempo sufficiente per annegare in una piscina idromassaggio. Era il 13 luglio e la piccola fu dichiarata morta dopo quattro giorni di agonia all'Opa di Massa, ma in realtà non c'era già più quando un medico lì presente provò a rianimarla a bordo vasca.

Secondo l'accusa, fu la bocchetta d'aspirazione dell'impianto a tenere sotto Sofia Bernkopf, dopo averle intrappolato i lunghi capelli. Tale era la sua potenza che - sempre secondo i consulenti del pm Salvatore Giannino e di Stefano Grolla, l'avvocato vicentino dei coniugi Bernkopf costituitisi parte civile - nemmeno un adulto sarebbe riuscito a liberarsi. Per tirar fuori la dodicenne parmigiana da quell'abisso profondo 80 centimetri fu necessario strappare con la ciocca imprigionata anche un lembo di cuoio capelluto. Secondo i medici legali della difesa, Edoardo Franchi e Martina Fogardi, invece Sofia avrebbe perso i sensi, annegando dopo un trauma cranico provocato da non si sa bene da quale urto (al quale nessuno ha assistito). Una ricostruzione che non contempla i capelli risucchiati dalla bocchetta. La tesi si basa piuttosto su un ematoma individuato nella zona temporale della bimba. Ed è quando si è parlato di questo che la mamma di Sofia non ha più resistito. «No, signora, non faccia così» le ha detto con voce calma il giudice Gianluca Massaro, mentre lei dopo lo sfogo usciva in lacrime, rincuorata dall'ufficiale di pg presente in aula.

Oltre sette ore è durata l'udienza. Dure, di battaglia, con gli ingegneri Orsini e Massaro, consulenti di Procura e parte civile al fianco di Giannino e Grolla impegnati a smantellare le ricostruzioni della controparte. L'ematoma sulla tempia della bimba c'era, in effetti. Ma ha una spiegazione medica che non lo collega per forza a un trauma, come sa bene anche il padre della piccola, Edoardo Bernkopf, medico chirurgo oltre che odontoiatra. Sofia per quattro giorni è stata tenuta in vita grazie alla circolazione extracorporea che prevede la somministrazione di massicce dosi di anticoagulanti. Tutto il suo corpo era costellato di ematomi oltre a quello evidenziato dai periti della difesa. E nemmeno si può escludere che la piccola, nel disperato tentativo di liberarsi da ciò che la teneva sott'acqua abbia scosso la testa, colpendo la parete sommersa della vasca.

Per la tragedia sono accusati a vario titolo di omicidio colposo aggravato sette imputati che sarebbero stati otto, se nel 2022 non fosse sopraggiunta la morte del patriarca Edo Cafissi, a 95 anni, che, a 91 (quindi prima della tragedia) stando alle testimonianze avrebbe anche perso molto della vigoria mentale e fisica per un gravissimo incidente.

Due degli imputati ieri hanno reso dichiarazioni spontanee. Giampiero Livi lo ha fatto per ribadire la propria estraneità alla gestione del Texas (che avesse un ruolo è invece stato sostenuto da più testi nelle scorse udienze), mentre Thomas Bianchi, 19enne all'epoca dei fatti, ha parlato per rinfrescare a tutti la memoria sulle proprie condizioni di lavoro, tra turni massacranti e pratiche di «nonnismo» subite dai bagnini più anziani. Bianchi è imputato con le sorelle Elisabetta e Simonetta Cafissi, titolari dello stabilimento, i rispettivi mariti e datori di lavoro, Livi e Mario Assuero Marchi, il bagnino esperto Emanuele Fulceri ed Enrico Lenzi, fornitore dell'impianto.

Impianto per il quale qualcuno aveva anche attestato la conformità e la sicurezza. Nei giorni scorsi, i due tecnici che avevano rilasciato la certificazione - tanto contestata dall'accusa e da Grolla - sono stati iscritti nel registro degli indagati. Presto, dovrebbero essere interrogati per capire sulla base di quali elementi abbiano firmato il certificato.

A fine udienza, Edoardo Bernkopf ha commentato che «oltre alla piccola Sofia, vittima dell’operato dei Cafissi sembrerebbe anche il bagnino Bianchi utilizzato nella difesa Cafissi come unico capro espiatorio: non avrebbe operato il salvataggio di mia figlia, ma di fatto, non era stato messo dalla proprietà nelle condizioni di poter garantire la sicurezza dei bagnanti». La prossima udienza, il 15 luglio, servirà a calendarizzare le prossime tappe del processo. In settembre, il verdetto.

Roberto Longoni