Editoriale
Il Front festeggia, ma adesso?
Doveva vincere Marine Le Pen, per interposto Jordan Bardella, e invece ha vinto la strana alleanza tra Jean Luc Mélenchon (sinistra radicale), e Raphaël Glucksmann con la vecchia gauche dei socialisti (sinistra moderata).
Doveva vincere Marine Le Pen, per interposto Jordan Bardella, e invece ha vinto la strana alleanza tra Jean Luc Mélenchon (sinistra radicale), e Raphaël Glucksmann con la vecchia gauche dei socialisti (sinistra moderata). E nemmeno Emmanuel Macron ha perso, visto che il risultato gli offre parecchio spazio di manovra. E ora per la destra è psicodramma e questa è l’unica certezza vera delle elezioni. Ma anche per la Francia nel domani non c’è certezza.
Infatti, dopo il discorso torrenziale di Mélenchon, molta retorica e molta passione come sempre, le cose si fanno complicate. «Abbiamo ottenuto un risultato che ci dicevano fosse impossibile», ha detto, infatti, a Mélenchon. Il leader della France Insoumise non ha teso la mano a Macron, anzi: «La sconfitta del Presidente della Repubblica e della sua coalizione è chiaramente confermata. Il presidente deve inchinarsi e accettare la sua sconfitta». Mélenchon ha anche rivendicato il governo. Un esecutivo che attui tutto il programma della coalizione. A lui ha subito risposto il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin: «Nessuno - ha detto - può dire di aver vinto queste elezioni, specialmente non il signor Mélenchon». In mezzo a questi due estremi sta tutto il resto, compresa la maggioranza dei partiti che formano il Front Populaire che sono molto più possibilisti verso un governo di coalizione con i centristi, che appare l’unico possibile, dato che nessuno ha i numeri per governare da solo.
Insomma, è probabile che nei prossimi giorni la tela delle alleanze sarà tessuta e disfatta parecchie volte. Bisognerà capire se Macron dall’Eliseo avrà la forza e il capitale politico per indirizzare il processo di formazione del governo. E non è detto, tenuto conto dell’azzardo mortale in cui si è cacciato dopo il voto europeo. Una decisione emotiva che nessuno - anche tra i suoi uomini - ha davvero capito e condiviso. Giova però ricordare che nelle precedenti elezioni legislative il fronte della sinistra si è disciolto poco dopo la chiusura delle urne, visto che tutti i partiti che lo componevano hanno deciso di non fare un gruppo unico all’Assemblea nazionale. E questo è l’esito più probabile anche ora. Anche se adesso è il momento dei grandi discorsi sulla forza della gauche e delle canzoni degli Inti Illimani in Place de la Bataille-de-Stalingrad, dove c’è il quartier generale del Front.
Ma veniamo all’unico punto fermo della serata di ieri, cioè la sconfitta brutale, per l'ennesima volta, del Rassemblement National di Marine Le Pen. La strategia della dédiabolisation, il tentativo di mettere tra parentesi le radici che sono quelle della Francia di Vichy, continua a non funzionare. E non ha mai funzionato, anche per il sistema elettorale a doppio turno. I migliori risultati della destra estrema in Francia, infatti, sono sempre arrivati alle Europee dove si vota con il proporzionale.
Ma bisogna ricordare, a questo punto, che Le Pen è stata sempre sconfitta nelle elezioni che contano, cioè le presidenziali. E nulla dice che non succederà anche la prossima volta. Per i motivi che ha elencato Bardella - con moltissimo risentimento - prendendosela con «gli accordi elettorali che gettano la Francia nelle braccia dell’estrema sinistra di Mélenchon». Ma gli accordi elettorali sono il sale della politica francese e il fatto di non riuscire ad allargare la propria coalizione, anche se questa volta almeno i Républicain di Éric Ciotti hanno seguito Le Pen e questa è una vittoria dal punto di vista politico, è un problema enorme.
In Italia, secondo l’analisi di un grande giornalista come Alberto Ronchey, una volta esisteva il «fattore K», che di fatto escludeva il Partito comunista dal potere.
Marine Le Pen ora si trova di fronte lo stesso problema. Ha un partito che - in termini di consensi - è probabilmente il primo di Francia. Ma nessuno vuole andare in coalizione con lei. Anzi, tutte le volte che lei si avvicina il potere, tutti gli altri si coalizzano per fare in modo che non accada.
Il problema è tutto qui e per superarlo non basterà la strategia mediatica della dédiabolisation, ma bisognerà fare politica. Quella politica che ha messo le ali a Giorgia Meloni. E a Gianfranco Fini prima di lei. Senza dimenticare Silvio Berlusconi, l’uomo che ha davvero sdoganato la destra italiana. Ma per ora in Francia non ci sono Berlusconi all’orizzonte.