la storia
Omicidio di Gaione, parla la nipote di Sofroni: «Mi chiedo ancora se avrei potuto salvare mio zio»
I suoi genitori erano schizzati fuori casa appena avvertiti di quello che stava accadendo. E dopo più di un’ora lei, Francesca, rimasta a casa con la sorellina di due anni e in un crescendo d’ansia, aveva preso in mano il telefonino e inviato un messaggio: «Ti voglio bene zio, non mollare».
«Fino all’ultimo ho sperato che non fosse successo niente – ammette la ragazza, di voce e di occhi, a due anni di distanza -: non mi sembrava possibile poterlo perdere». Invece quel messaggio datato 5 luglio 2022, ore 22.47, Vitalie Sofroni non lo ha mai visualizzato: da diversi minuti era già un umanissimo eroe caduto nel parcheggio di via Fontanini a Gaione. Non certo un campo di battaglia ma un luogo in cui il suo altruismo non ha esitato di fronte alla violenza.
Ad ucciderlo a un soffio dal suo quarantesimo compleanno è stata la coltellata al cuore ricevuta da Constantin Gorgan, il collega di 27 anni che aveva sempre aiutato anche fuori dal lavoro. Quella sera Sofroni aveva tentato di fermare l'uomo nel suo tentativo di costringere con la forza la compagna Mariana a tornare a vivere con lui. Dopo l’ennesimo episodio di maltrattamenti, la ragazza un paio di giorni prima era scappata insieme alla figlia di 9 mesi, diretta al condominio di via Montanara in cui aveva ricevuto tutto il sostegno di Vitalie e l’ospitalità di un’altra famiglia moldava.
Per i Sofroni resta un vividissimo concentrato di accadimenti, il 6 luglio 2022. È il giorno in cui Vitalie doveva accompagnare la donna a formalizzare la denuncia nei confronti del compagno. «I carabinieri erano già stati a casa sua a prendere la testimonianza della ragazza, avevano un appuntamento ma lui aveva fatto tardi col lavoro e appena partito dall’Interporto aveva chiamato in caserma per dire che sarebbero arrivati di lì a poco – spiega la cognata Eugenia -. Poi la vicina lo ha avvisato che quell'uomo si era arrampicato fino al suo appartamento e aveva trascinato via la donna e la bimba...».
È anche il giorno in cui Francesca ha finito l’esame di maturità. «Uscita da scuola, mi sono preoccupata per ore: mio padre non era raggiungibile al telefono. E invece avrei dovuto avere paura per lo zio...». Quello zio che l’aveva rassicurata: «Vedrai, sarà colpa della batteria scarica». «Quando mio padre è arrivato a casa era tardi, c’era tempo solo di improvvisare la cena. Ancora oggi mi dico che se avessi chiesto allo zio di venire a festeggiare con noi, forse avrei potuto salvarlo...».
Anche Eugenia ha sperato fino all’ultimo: «Mio marito stava al telefono con la vicina per avere aggiornamenti, io mi sono messa al volante e in tre minuti da San Prospero siamo arrivati a Gaione». Mentre Mihail si è lanciato invano all’inseguimento di Gorgan, sperando «di essere guidato dal pianto della bambina e di riuscire a fermarlo e a salvarle», Eugenia si è accoccolata accanto a Vitalie, in attesa dei soccorsi. «Aveva il volto sorridente e io ho creduto che mi sentisse».
Avrà un parco a Gaione che porterà il suo nome, Vitalie Sofroni: l’area verde a pochi metri dall’ultimo battito del suo cuore. L’Amministrazione comunale ha accolto il desiderio che la famiglia aveva espresso sin da subito. «L'idea ci è venuta al funerale, quando abbiamo visto quella bimba in braccio alla sua mamma. La bimba per cui ha dato la vita. Ci piace pensare che la memoria di Vitalie resti in un luogo in cui i bambini possono giocare e crescere». E oggi si aggiunge un sogno in più: chiederanno il permesso di poter mettere una rete da pallavolo, uno spazio adatto ci sarebbe. Giocavano spesso insieme, Mihail e Vitalie e e gli amici comuni continuano a chiedere di ritrovarsi e far risuonare «quella risata contagiosa, capace sempre di sdrammatizzare e alleggerire l'atmosfera». La casa dell’“eroe comune” dalla generosità non comune è a poca distanza: oggi è abitata da Mihaila, diventata 18enne tre giorni dopo la morte del padre. «Noi lì non riusciamo ancora ad entrare ma siamo felicissimi di sapere che lei c’è».