Scuola

Telefoni vietati anche per uso didattico alle medie: parlano i presidi parmigiani

Chiara Cacciani

Se c'è qualcosa che non farà arrovellare le dirigenze scolastiche in queste settimane che separano dal rientro in aula a settembre, pare sia la nuova circolare firmata Valditara sui telefonini in classe.

Durante un convegno a Roma, il Ministro dell'Istruzione del Merito ha annunciato di aver ampliato la direttiva del 2022 che ne vietava l'uso salvo scopi didattici. Dal prossimo anno scolastico invece non sarà prevista nemmeno questa eccezione per chi frequenta primaria e medie. Non solo: nel Ddl sulla scuola è prevista la reintroduzione del diario di carta, riservando al registro elettronico principalmente la sua funzione di strumento di aggiornamento veloce per le famiglie.

Il tema dei telefonini - è facilmente intuibile - chiama in causa soprattutto le scuole medie, ed è ad alcune e alcuni dirigenti della città che abbiamo chiesto di provare a calare nel quotidiano la nuova direttiva. «Niente di nuovo sotto il sole», sintetizza Paola Piolanti, alla guida dell'Istituto comprensivo Albertelli-Newton. «Da noi cambierà veramente poco - spiega -. Gli smartphone vengono già depositati in una cassettina chiusa a chiave sotto la responsabilità di un membro della classe e quando serve utilizzare piattaforme e app, lo facciamo coi tablet e i pc della scuola». Anche il diario cartaceo è già un'abitudine: «Lo realizza l'istituto con le foto dei ragazzi e delle ragazze e i progetti che fa. Il registro elettronico è efficace soprattutto per chi è più in difficoltà ed è seguito nei compiti da persone esterne o per comunicare con le famiglie».

Anche all'istituto Guatelli di Collecchio il diario è «fatto in casa» e una tradizione, come conferma Giovanni Brunazzi, che si divide tra la Pedemontana e la dirigenza del liceo scientifico Ulivi. «I cellulari abbiamo sempre cercato di non utilizzarli per la didattica. Grazie anche al Pnrr ci siamo dotati di diversi tablet e abbiamo rinnovato in modo importante il laboratorio informatico: qualsiasi docente che abbia intenzione di utilizzare i device ha già gli strumenti per farlo. Detto questo, io credo che vietare tout court non abbia senso». La motivazione? «Come agenzia educativa abbiamo l'obbligo di insegnare il prima possibile un uso corretto di ciò che ormai fa parte anche del mondo scolastico: spesso le famiglie non hanno gli strumenti culturali per farlo. E è anche così che si può incentivare a distaccarsene».

La lunghezza d'onda è la stessa del collega Maurizio Olivieri, dirigente dell'Istituto comprensivo Parma Centro. «Presentata come una modifica alla scuola, non mi sembra la prospettiva più aderente alla realtà. Gli smartphone non sono introdotti nè richiesti da noi. E non è impedendo il loro uso a scuola che si risolve il problema della dipendenza da telefonino e quello degli effetti sulle relazioni». «La grande necessità - sottolinea - è consapevolizzare le famiglie: spesso non hanno conosco le norme per l'iscrizione dei minori di 14 anni a certe piattaforme e nemmeno certi rischi penali. Inoltre, non bisogna scadere nella reazione retrograda del “c'è troppa tecnologia”. Sappiamo che gli studenti italiani non hanno una sufficiente pratica della tecnologia e delle scienze: ben diverso dall'essere collegati a un cellulare tutto il giorno».

La tecnologia non va demonizzata: ne abbiamo acquistata tanta e per i nostri progetti è imprescindibile - conferma Chiara Palù, dirigente dell'Istituto comprensivo Micheli -. Da anni facciamo mettere i telefoni in una cassetta di sicurezza, per la didattica forniamo i device acquistati col Pnrr e fondi di privati, e così ci sono meno rischi di distrazione e di sicurezza, grazie ai filtri appositi e alla vigilanza dei docenti. Fare prevenzione è comunque necessario perché l'uso scorretto esiste, ma soprattutto fuori dalla scuola. E le famiglie vanno istruite».

Chiara Cacciani