TRIBUNALE
«Ò» online, crolla il fatturato: chiesto il concordato. «Ma negozi e ristoranti sono salvi»
Prima il Covid, poi la guerra, con Russia e Ucraina impegnate più a calzare scarponi blindati che morbidi mocassini di Ferragamo. Quindi il dragone cinese che spiazzando ogni analista finanziario abbassa la quota di volo. E infine ci si mette pure la Corea del Sud, piccola ma dalla smisurata fame di prodotti occidentali, meglio se costosi. Ora anche i ricchi in qualche modo piangono (o comunque cambiano abitudini): e con loro chi sul desiderio mondiale di lusso puntava i propri affari.
Un mercato in crisi dopo l'altro, un terremoto geopolitico dopo l'altro, e l'effetto degli ultimi 36 mesi è stato quello di far crollare anche gli introiti di «Ò», tanto da portare a una procedura di ristrutturazione del debito del gioiello parmigiano specializzato nel commercio di capi d'abbigliamento e accessori che costano come tali. Un mese fa, il marchio è stato trasformato in Angelo srl, dal nome del padre di Giordano Ollari, che con Luca Giampellegrini fondò il gruppo nel 1994. Il motivo? Distinguere la branca del gruppo specializzata in export e in e-commerce di vestiti e oggetti di alta gamma dalle altre due che lo compongono, con la stessa vocale accentata nel loro marchio, ma con settori di intervento ben distinti. «La ÒLuxury, in carico a Gol, che si occupa di retail e comprende i nostri negozi di Parma, Salso e altre città - sottolinea Ollari - e anche la Òventiventi, relativa al Food and beverage non sono assolutamente interessate da questa situazione». Del tutto estranei, quindi, i quattro ristoranti parmigiani legati ai titolari del gruppo: il Bistrot, lo Dsèvod, il Belvedere e il Baule ai Cavalli di Collecchio godono di ottima salute.
Il buco - che ammonterebbe a una ventina di milioni, per la quasi totalità nei confronti di istituti di credito e non di fornitori e dipendenti - è strettamente legato alle vendite online, l'88 per cento delle quali avviene su mercati esteri. Soprattutto su quelli che negli ultimi 36 mesi si sono messi a boccheggiare. L'ex Unione Sovietica, prima di questa data, dava vita al 13 per cento del volume d'affari della futura Angelo srl, la Cina il 45 per cento e la Corea del Sud qualcosina di più. I crolli sono stati repentini, seguiti ai necessari acquisti: chi lavora nel settore abbigliamento sa bene che i contratti si firmano tra i sei e gli otto mesi prima delle stagioni delle vendite previste.
«Il ramo d’azienda Ò export ecommerce, in un contesto internazionale di profonda crisi dei consumi del lusso - sottolinea Ollari - ha naturalmente subito una forte contrazione che leggerà in modo razionale, oltremodo dovuto a tutti i dipendenti che hanno partecipato al viaggio commerciale. Abbiamo presentato il piano e siamo in contatto con due compagnie interessate a subentrare in Angelo srl. La prossima settimana siederemo a un tavolo con i sindacati, per tutelare i cinquanta posti di lavoro interessati dal settore export-ecommerce (che ha la propria sede-magazzino allo Spip, ndr)». Niente che riguardi le altre attività del gruppo. «I punti vendita e i ristoranti proseguono la loro vita. E sono convinto che Parma sarà punto di partenza e meta di nuovi progetti».
Roberto Longoni