Ritratto

Spagna, ironia e libertà: addio alla Duchessa dei goliardi

Allegra, ironica ma, soprattutto, autoironica. Educazione antica, mai una parola fuori posto. Inoltre, generosa. Chi ha bussato alla porta della Spagna - così era universalmente conosciuto Luigi Benecchi, scomparso il 20 luglio a Milano, durante un ricovero, a 69 anni - ha sempre ricevuto aiuto e amicizia. Notissima in città dove viveva da lungo tempo, la Spagna era diventata anche un'istituzione tra i goliardi che l'avevano proclamata «Duchessa di Parma». Nata in Colombia dove il padre Giovanni, mezzanese, si era trasferito e sposato con Margarita, era la prima di sette fratelli: Giuliano, Leonardo, Eleonora, Claudio, Cristina e Pietro. Dopo un viaggio in nave dalla Colombia la famiglia Benecchi tornò, infatti, a vivere nel nostro territorio e, più precisamente, a Lesignano Bagni.

Proprio le origini colombiane avevano contribuito a ribattezzarla con quel soprannome che avrebbe portato per tutta la vita. A dire il vero, subito fu la Spagnola e, successivamente, divenne per tutti la Spagna, anche in omaggio a un accento che non aveva mai perso, come ben sanno quelli che le chiedevano lumi sulla lingua di Cervantes e GarcÍa Lorca.

Amante dei viaggi (Asia, America e, manco a dirlo, Spagna) e del ballo, specialmente il liscio, era uno spirito libero e anticonformista. Senza, però, mai trascendere, dal momento che su tanti temi professava convinzioni molto tradizionali. La sua carica vitale l'aveva fatta diventare un punto di riferimento per tantissime persone, che in questi giorni hanno inondato i social con messaggi di affetto per lei e vicinanza ai suoi cari. Soprattutto, però, aveva a cuore chi era più debole e solo. La Spagna, infatti, memore delle sofferenze della vita sempre affrontate con inguaribile ottimismo, non dimenticava nessuno e detestava prepotenze e soprusi.

Amante della compagnia, come ben ricorderà chi ha partecipato a uno dei suoi famosi compleanni, non fu un caso che all'inizio degli anni Novanta scattasse il «colpo di fulmine» con i goliardi universitari, quando il Duca di Parma era Tabascus Aetilicus. Che, in una delle affollate, fumose e gioiose riunioni al Fermo Posta, locale in zona Stazione che fu tra le più note «tane» dei goliardi parmigiani, la proclamò Duchessa di Parma. Per sempre. Così il rapporto con gli studenti da quei giorni lontani non si interruppe mai, non solo a Parma ma anche in altre città come Milano, dove la Spagna contava numerosi amici e dove, ironia della sorte, ha vissuto i suoi ultimi istanti di vita.

Dell'intenso rapporto tra la Duchessa e i goliardi - le cui iniziative nel tempo, tra cui le tradizionali Feriae matricularum, la Spagna ha contribuito a sostenere -, sono prova le parole del Duca attuale che, a nomi di tutti quelli che credono in questo appassionante «gioco», nel necrologio sulla Gazzetta ha ricordato quanto la Spagna abbia «vissuto con coraggio e autenticità». O quelle dello stesso Tabascus Aetilicus, durante un «convivio» in suo onore celebrato mercoledì sera: «Ha vissuto come voleva, pagandone il prezzo e insegnandoci che ognuno può essere ciò che decide di essere». Ma è stata anche sempre presente per la sua famiglia. «Aveva un cuore libero - l'ha tratteggiata la cognata Barbara -. Un cuore arcobaleno che non giudicava, ma offriva amicizia e amore».

Da ieri mattina i suoi resti riposano nel cimitero di Lesignano, il paese che la vide bambina, appena arrivata dalla Colombia, aprirsi alla vita, accanto a quelli di suo padre. A darle l'ultimo saluto, oltre alla sua grande famiglia, tante amiche e amici, tra cui numerosi goliardi - di ieri, di oggi e di sempre - sicuri che, come recita l'operetta senese, «la favola no, non finisce qui».

M.Cep.