Morto al Maggiore
Domani il bimbo di Gaza Seifeddin sarà sepolto a Parma: è il simbolo della pace
«Voglio prenderlo fra le braccia ancora una volta, prima che sia sepolto». La giovane mamma Sabrin non si stacca dalla camera mortuaria del Maggiore. Il suo piccolo Seifeddin ha chiuso gli occhi per sempre, in quello che doveva essere il viaggio della salvezza.
In sei mesi e 8 giorni di vita ha sentito solo il rumore delle bombe e mai una «canzone». Seifeddin Mohammed Yehya Barakeh era nato a Deir Al Balah il 30 gennaio 2024 e insieme ad altri bambini feriti negli attacchi di Gaza era arrivato in Italia giovedì, con un aereo atterrato al Marconi di Bologna, per essere curato all'ospedale Niguarda di Milano, ma nel tragitto in ambulanza sull'A1 all'altezza di Parma il suo cuore si è fermato e nonostante il trasferimento d'urgenza nel reparto di Terapia intensiva pediatrica dell'Azienda ospedaliero universitaria della nostra città non è più riuscito a vedere la luce.
Ha scritto in un post su facebook il sindaco di Parma Michele Guerra: «È morto a causa della guerra che sta dilaniando i territori palestinesi. Era arrivato in Italia con la mamma e il fratellino di 3 anni, come succede a molti altri piccoli e ad altre famiglie grazie alla missione europea di Medical Evacuation dei territori di Gaza. I nostri medici hanno fatto di tutto per salvarlo, ma purtroppo non sono riusciti in questo miracolo. Domani si terranno i funerali a Parma e questa nuova vittima del massacro sarà sepolta nella nostra città. Il Comune sarà presente, per dire ancora una volta che Gaza è molto più vicina a noi di quanto qualcuno possa pensare e che quell’orrore che distrugge vite innocenti deve finire. Fuori dal nostro Municipio c’è un grande stendardo che dice tre parole semplici: cessate il fuoco. Ora più che mai». Il funerale di Seifeddin si terrà domani alle 10 partendo dalla camera mortuaria per il cimitero islamico in via Valera di Sopra. Parteciperà la comunità palestinese di Parma, che conta cento persone e tre generazioni, insieme a quella di Bologna e di Milano, con le mamme dei bambini che hanno fatto il viaggio della speranza insieme a lui e che ora si trovano in ospedale. Anche le autorità saranno presenti alla cerimonia con un assessore del Comune: invitati anche il questore e il prefetto.
«Nella camera mortuaria Seifeddin sarà lavato e vestito secondo il rito islamico - dice commosso Abder Razzaq Shihadeh, presidente della Comunità palestinese di Parma -, poi il corteo si dirigerà verso il cimitero, dove si farà la preghiera. Vorremmo che il funerale di questo innocente rompesse la scorta politica e mediatica del genocidio che Israele sta perpetrando a Gaza da 10 mesi. Anche oggi (ieri per chi legge) tre missili di nuova generazione hanno colpito all'alba una scuola trasformata in un campo di rifugiati: ci sono stati cento morti e tanti feriti. A Gaza sono morti migliaia di bambini, ma Seifeddin lo abbiamo preso per mano: come gli altri, questo bambino è ora un angelo del paradiso».
Ieri sera in piazza della Pace la comunità palestinese si è riunita per «chiedere al mondo civile di fermare il genocidio, all'Europa di smettere di inviare armi a Israele». Così Seifeddin diventa un simbolo di pace: «È arrivato gravemente ferito dalla striscia di Gaza, necessitava di una operazione al cuore - è scritto in un comunicato della comunità palestinese -. Il suo cuore si è fermato in ambulanza. Lui, che a differenza di decine di migliaia di altri bambini è potuto uscire dall'inferno, ma troppo tardi. Seifeddin aveva 6 mesi. Sei mesi di vita in cui ha conosciuto terrore, distruzione e sofferenza. Sei mesi dove l'unico rifugio sicuro immaginiamo possano essere state le braccia della madre e le carezze del fratello Yousef di 3 anni. La nostra parte la facciamo prendendo atto che Seifeddin è solo uno delle decine di migliaia di persone (186.000 secondo The Lancet, numero che comprende anche le morti per malnutrizione, impossibilità di accesso alle cure) morte per mano di Israele. La nostra parte la facciamo svegliandoci, mobilitandoci per mettere fine a questo genocidio, pretendendo dai nostri governi la fine dell'invio di armi. Che senso ha vivere in un giardino se tutto attorno è un cimitero?».
Mara Varoli