Intervista

Giorgio Leopardi: «Grazie a Pupi Avati, dopo dieci anni realizzo il docu-film su Verdi»

Egidio Bandini

«L’idea l’ho avuta dieci anni fa, ma ho dovuto trovare un regista come Pupi Avati per far comprendere fino in fondo quale fosse lo spirito del mio docufilm legato a Giuseppe Verdi». Giorgio Leopardi, produttore piacentino con oltre 20 film all’attivo, parla così de «Le stanze di Verdi», le cui riprese inizieranno il 16 settembre fra Piacenza, Parma e Cremona, con significative «digressioni» a Milano e Genova.

Il docufilm, a cura di Pupi Avati, avrà la regia di Riccardo Marchesini, allievo di Avati e la sceneggiatura di Tommaso Avati (figlio di Pupi) e Luca Pallanch.

«Non ci saranno attori, nel senso di interpreti, nel mio docufilm – sottolinea ancora Leopardi – la presenza di Verdi si deve avvertire: dev’essere una sorta di “ombra”, che torna a tratti. Una volta a suonare il fortepiano a Villa Sant’Agata, una volta a passeggiare per la campagna, una volta a Milano, sul terrazzo della Casa di riposo per musicisti, quella che il Maestro definiva “L’opera mia più bella!”. Verdi ci sarà, ma non interpretato da qualcuno, perché sarà egli stesso a condurci in questo viaggio che, non a caso, s’intitolerà “Le stanze di Verdi”, stanze attraverso le quali si muoveranno, ai tempi nostri, un narratore e un musicista a raccontare la vita di Giuseppe Verdi, dal punto di vista umano, però, anche se mai disgiunto dall’anima musicale del Cigno di Busseto. Insomma, saranno ottanta minuti di vita e di viaggio, di Verdi e della sua campagna, ma soprattutto – rimarca ancora il produttore - della generosità che il Maestro dimostrò in vita nei confronti della sua gente, costruendo un ospedale a Villanova sull’Arda (il comune in provincia di Piacenza dove è Villa Verdi ndr.) e un asilo infantile a Cortemaggiore, sempre in provincia di Piacenza: il paese nella cui basilica Verdi si fermava a pregare la mattina, andando a Fiorenzuola per salire sul treno diretto a Milano. Qui sedeva a un piccolo armonium, davanti al quale vedeva il grande dipinto di Francesco Scaramuzza, che ispirò al Cigno parole e musica di uno dei suoi cori più famosi: “La Vergine degli angeli”».

Dunque, anticipa il produttore, sarà un Verdi «intimo ma, allo stesso tempo, riconoscibile da tutti: quel Verdi che Giuseppina Strepponi chiamava “Il Mago”, davvero capace di magia e non solo nell’armonia e nella musica. Una magia che Riccardo Muti ha descritto così: “lo stesso paesaggio compenetra di sé la musica e la parola e viceversa. Un tutto inscindibile che qui ancora, nella Bassa emiliana miracolosamente permane, sta solo a noi farcene partecipi ed entrare a far operosamente parte del quadro o dell’opera. Qui dove il paesaggio è come una partitura, con i filari degli alberi e le linee incise dall’aratro sulla terra grassa e fertile. Basta mettersi in ascolto e Verdi è ancora qui, è anche qui”».

I sopralluoghi per l’inizio della riprese de «Le stanze di Verdi», che ha il sostegno anche della regione Emilia Romagna, inizieranno a breve.