Spaccio e abbandono in Giardino

Quel parco sempre meno Ducale

Luca Pelagatti

Mettetevi nei panni di un turista. Si è emozionato di fronte alla Scapigliata, estasiato davanti al Correggio e ora pregusta «l'elaborata architettura verde studiata nel 1560 per volere di Ottavio Farnese» che porta il nome di Parco Ducale. Forse è meglio avvisarlo: se è dei pochi che ancora sognano Parma come la città color malva, ci resterà parecchio male.

Sì, perché qui non c'è più profumo di violetta ma tanfo aspro di urina. E il «giardino alla francese» è ormai più che altro una brughiera spelacchiata, punteggiata di affollati bivacchi. Se poi vagheggiava Versailles si troverà in Giamaica: almeno per l'afrore di marijuana.

Eppure, almeno prima di varcare i cancelli dalla parte della Pilotta, l'impressione è buona: i cartelli, rigorosamente color «giallo Parma» introducono al Giardino e alludono alle sue perle: il palazzetto Sanvitale, il tempietto dell'Arcadia, le sculture di Boudard. Dentro però, nell'appiccicosa afa d'estate, sembra tutto un altro parco. Forse un'altra città.

Il benvenuto, si fa per dire, arriva dai corpi stramazzati nell'erba già nel viale d'accesso: il relax all'ombra, nel verde, è una cosa; il sonno comatoso di gente spiaggiata tra le bottiglie vuote fa tutto un altro effetto. I turisti, però, ancora non se ne sono resi conto e così allungano il passo verso il viale centrale attorno a cui spiccano i rami spaccati dal vento sgarbato dei giorni scorsi: se si alza un refolo d'aria un po' più sbarazzino viene da alzare lo sguardo intorno con preoccupazione.

Ma il bello, si fa per dire, arriva abbandonando la prospettiva principale: ovunque frotte di sfaccendati ascoltano musica e aspettano. Cosa, è facile intuirlo visto che in meno di mezz'ora almeno tre di loro si avvicinano e offrono al passante «fumo» e altra merce proibita: manca solo «il tre per due» e pare il market dello sballo.

In particolare, una delle zone più infestate dai «cavalli», appoggiati ai monopattini in attesa di un'ordinazione, è quella intorno al palazzetto Eucherio Sanvitale: dentro il casinetto, in una nicchia, c'è persino un affresco del Parmigianino ma da fuori questo «pregevole esempio di architettura del primo '500 arrivato integro sino a noi» non si riconosce nemmeno più: solo assi inchiodate e barricate di grigliato metallico per impedire che diventi di nuovo un ostello per senza tetto. Mentre, proprio di fronte, le rastrelliere delle bici sono state trasformate in accoglienti sedute. E ci sono pure le sdraio per quelli che vogliono stare più comodi.

Poco più avanti, a due passi dai giochi per i bimbi, il muraglione del parco è un vespasiano assai frequentato, mentre sulle panchine frotte ebbre e chiassose schiamazzano senza sosta. Quelli che corrono, chissà come mai, quando arrivano da queste parti, accelerano il passo.

Se fino a qui il nostro turista faticherà a nascondere lo sconcerto, lo attende un quadro ancora più avvilente vicino al tempietto dell'Arcadia: il solito cartello entusiasta racconta che fu progettato da Petitot nel 1769 per l'ennesimo matrimonio di sangue blu. Ma oggi, tra gli sterpi, c'è ben poco di nobiliare: è infatti mestamente circondato da fettucce di plastica come quelle che si usano per gli incidenti stradali piazzate per proteggerlo dai vandali, a terra grossi mattoni raccontano di crolli frequenti e un tale, età media, pelle scura e modi disinvolti, non si cura della lunga storia del tempietto e preferisce infilarsi in una siepe per nascondere qualcosa. Vedendo che qualcuno lo osserva si ferma giusto per un attimo: ma il lavoro chiama e quindi ben presto riprende il suo affannarsi disinteressandosi dei curiosi.

Gli stessi che, gironzolando, notano per forza le cassette in legno sparse per il parco, che ospitano i libri per il bookcrossing: in pratica sono piccole biblioteche pubbliche dove prelevare un volume da leggere e poi da «liberare» per altri lettori che arriveranno domani. Molte sono pubblicazioni per bambini, le copertine spiccano per colori allegri e, per fortuna, nessuno sembra avere avuto la stupida tentazione di fare danni. Ma la folla infrattata tra i sentieri del Giardino pare assai poco interessata ai libri e preferisce mangiare e scolare l'ennesima bionda. Al chiosco intenti a consumare solo una manciata di clienti: ma sulle panchine, invece, sono decine e decine quelli che mangiano cibo etnico e bevono birra. I più attrezzati hanno anche frigobar e grossi thermos come quelli che usano le hostess sugli aerei: a riprova che c'è gente che qui ci passa intere giornate.

Uscendo dal Parco Ducale dalla stessa parte da cui si era entrati, un grosso cartello svela come sia in corso «un piano integrato di riqualificazione e messa a sistema del Parco con riqualificazione dell'illuminazione e manutenzione generale».

I lavori, è evidente, sono ancora in corso e manca parecchio alla conclusione ma salta all'occhio che sono finanziati con i fondi del Pnrr. Il parco ringrazia ma qui di ripresa per ora se ne vede davvero poca. Al contrario, vista la situazione, di resilienza, se ne sente un gran bisogno.