Lutto
Addio a Franceschi, geniale architetto e amante dell'arte
«L'amico geniale». Lungimirante, colto, capace di «guardare oltre». L'ammirazione permea le parole di chi ricorda Flavio Franceschi, venuto a mancare all'età di 83 anni. «Si può dire che nostro padre abbia dato un importante contributo alla città» raccontano i figli Francesca, Paolo e Niccolò.
Franceschi è stato - è - un importante tassello dell'identità di Parma: stimato architetto, uomo di profonda cultura, è stato tra i «rifondatori» delle Fiere di Parma, dopo il terremoto del 1983, quando le Fiere sono state spostate nella zona dell'ex Salvarani («rifondazione» avvenuta non senza sforzi, dovendo convincere l'allora amministrazione e gli stessi cittadini).
Ha contribuito al debutto di Cibus a Parma, che nel maggio 1985 riempì migliaia di metri quadrati di capannone con le novità e le tradizioni agroalimentari di un intero territorio e oltre: Parma, da quel giorno, non è stata più la stessa. Più internazionale. Più «tech». Più consapevole della sua importanza a livello europeo e non solo. È stato presidente delle Fiere di Parma dal 1984 alla fine degli anni '80. Il suo «braccio destro» in questi anni è stato l'allora direttore generale, Massimo Bianchedi: «Abbiamo condiviso tanti progetti, dalla prima edizione di Cibus, al Mercante in Fiera - racconta Bianchedi -. Si può dire che insieme a Giorgio Orlandini, ex direttore dell'Unione parmense degli industriali, Pietro Barilla e tanti altri imprenditori abbia portato alle Fiere come le conosciamo oggi».
Sul lavoro «geniale e lungimirante», fuori dal lavoro «colto, immerso nei libri e nella cultura» spiega Bianchedi. Un grande bibliofilo. Si «perdeva» nei mercatini dell'usato, nelle fiere del vintage tra le pagine di altri tempi per cercare - «con molto gusto e intuizione» - alcune rarità. «Gli piaceva attorniarsi di bellezza» dice Bianchedi.
Uno slancio sensibile e acuto verso l'arte, la letteratura, la filosofia, il design che lo ha portato a contribuire alla realizzazione del Mercante in fiera, a stretto contatto con «il fabbricante di immagini» Stefano Spagnoli: «Ho perso un caro amico - è la prima cosa che dice ricordando Flavio-. Era un geniale costruttore e architetto razionalista, con lui si potevano fare grandi cose, i progetti prendevano il volo: come con il Mercante in fiera, un evento che ancora oggi attira appassionati di arte, design e non solo da tutto il mondo. Ha creduto nella mia idea di poter fare una fiera che non fosse dell'antiquariato, ma del “modernariato” capace di conquistare tutti sin dalla prima edizione». In due parole, Spagnoli definisce così Franceschi: «Genio e sregolatezza». Sempre negli anni '80 ha ideato e progettato quello che può essere definito il primo hotel di lusso della città: il Grand Hotel Baglioni (ora Star Hotel Du Parc): lì dove si trovava un' ex fabbrica del ghiaccio in disuso, Franceschi aveva intuito che c'era spazio (geografico e non) per un progetto che sapesse, ancora una volta, di innovazione. Ha così presentato l'idea e l'ha seguita, passo dopo passo, fino alla sua realizzazione.
Tanti - tantissimi - altri i progetti che ha realizzato per la città, ma uno in particolare è stato per lui una «ferita aperta» come spiega la figlia Francesca: si tratta del Teatro dei dialetti, che si trova a due passi dal centro storico, tra viale Mentana e viale Tanara. Lasciato per dodici anni abbandonato all'incuria, ora il teatro è un «guscio vuoto» completato solo all'esterno. Dentro a questa struttura i lavori sono stati interrotti: Franceschi non ha mai visto completato e aperto al pubblico il «suo» teatro. Pensato per la città, con all'interno 600 posti a sedere, sarebbe stato un nuovo - grande - punto di incontro per l'attività culturale della città.
Non è mancato, in questa vita che sembra una collezione di idee, anche l'impegno politico. Per diverso tempo Franceschi ha militato nel partito comunista per poi «spostarsi» ad Alleanza nazionale. «È stato da sempre una persona geniale, anche da ragazzo» racconta Ezio Ferrari, amico di Franceschi dai banchi di scuola del liceo scientifico San Benedetto.
Oltre 50 anni di amicizia fatta di «confronto, dialogo anche su temi importanti, dalla politica, all'attualità, alla filosofia». Fino a qualche giorno fa: «Lo sono andato a trovare, abbiamo parlato - rivela l'amico - e non mi sarei mai aspettato il suo addio». E aggiunge: «Per la città ha fatto tanto, è giusto che venga ricordato». Addio Flavio, «genio e sregolatezza».