Scuola

Parma terza in Italia per studenti stranieri nelle classi

Si fa presto a dire straniero. Più che l'italianità del cognome o il colore del passaporto agli insegnanti importa la lingua dell'alunno. Quella che può parlare durante le interrogazioni, quella che può capire durante le lezioni, quella con la quale interagisce con il resto della classe. «A questo proposito, ci sono figli di immigrati, che si esprimono in dialetto meglio di me» esclama il preside dell'Ipsia, Federico Ferrari, di indubbia parmigianità per nome e cadenza. Il discrimine - non politico, non burocratico - sta tutto nel nati in Italia o a loro volta immigrati come i genitori? E, si specifichi: in Italia da quanto?

La questione - che si è fatta di stretta attualità con il dibattito sullo ius scholae - la scuola italiana l'affronta da decenni. In particolare in Emilia, la regione che ha la più alta percentuale di alunni stranieri nelle proprie classi. Ne conta il 18,4 per cento, mentre in termini assoluti è la Lombardia ad avere il numero più consistente di studenti non italiani: sono 231.819. Ancora più elevata della media regionale è la percentuale della nostra provincia, dove oltre uno studente su cinque è di origine straniera (il 21,3 per cento). Solo Prato (28 per cento) e la vicina Piacenza (25,2 per cento) ne hanno di più.

I dati sono forniti da Save The Children, ricordando che «con l’avvio dell’anno scolastico, quasi un milione di studenti di origine straniera è pronto a rientrare in classe, il 65,4 per cento di loro è nato in Italia. Nelle scuole dell’infanzia sono l’81 per cento». Che si debba distinguere tra chi è nato in Italia (o è arrivato piccolissimo) e chi invece si misura da poco con una realtà tutta nuova è anche Caterina Bonetti. «Se, come i bambini italiani, hanno percorso le tappe del servizio 0-6, non avranno difficoltà nel percorso scolastico - dice l'assessore comunale alla Scuola -. Per chi arriva a Parma già in età scolare, invece, si attivano percorsi specifici. Mi riferisco a quelli del Led (Laboratorio energie educative didattiche), che permettono l'affiancamento linguistico, con attività laboratoriali. Inoltre, si può contare su Scuole e Culture del Mondo (un progetto interistituzionale con una rete di supporto per l'integrazione degli alunni stranieri e delle loro famiglie che coinvolge tutte le scuole del primo ciclo di istruzione del Comune di Parma e di 19 Comuni della provincia), con l'affiancamento con mediatori linguistici a piccoli gruppi e anche a singoli studenti». Quanto sia alta l'attenzione sul tema lo dimostra anche la Giornata dell'accoglienza, che si terrà a giorni, rivolta «a tutte le famiglie di nuovi arrivati, con la presentazione dei servizi del Comune e della scuola dell'obbligo. La scuola è lo spazio in cui si sta tutti insieme: fondamentale fare di tutto per vincere qui la sfida dell'integrazione».

Il San Leonardo è uno dei quartieri a maggior tasso di immigrazione. Naturale che l'istituto comprensivo Micheli, con i suoi 900 alunni, sia tra i più multietnici della città. «Superiamo il 30 per cento di studenti stranieri in quasi tutte le classi - spiega la dirigente Chiara Palù -. La maggior parte però è nata in Italia. Per gli altri, facciamo tantissimi corsi di lingua. Ad esempio, dal 2 al 16 settembre realizziamo attività con i ragazzini appena arrivati. Inoltre, coinvolgiamo i padri e le madri degli studenti non italiani, contando anche sull'impegno volontario dei genitori dei compagni di classe parmigiani e sull'aiuto del Centro famiglie del Comune». I risultati si vedono. Anche chi si è iscritto alle medie al suo arrivo in Italia, poi ha poi potuto puntare con profitto a un liceo. «La scuola - ribadisce Chiara Palù - può fare la differenza. Dare uguali possibilità a tutti è un tema etico-politico di cittadinanza attiva, un dovere nei confronti delle nuove generazioni».

Anche all'Ipsia in moltissimi casi si procede in deroga alla norma che prevederebbe non più del 30 per cento di studenti non italiani per classe. «Bisogna fare i conti con la realtà - sottolinea il preside -. Come funzionario dello Stato sono molto contento di trovarmi in una realtà così variegata e fertile. I nostri alunni sono di 70 nazionalità diverse, ma per il 90 per cento sono nati in Italia. Formalmente sono di stranieri, ma di cultura e lingua anche italiane». Diverso semmai è il discorso delle famiglie. «Con loro il gap linguistico si avverte di più - prosegue Ferrari -. Sono anni che cerchiamo di coinvolgerle sempre più». La lingua è fondamentale, ma all'Ipsia l'integrazione ha anche altri argomenti. «Oltre all'educazione civica, si studia il diritto. Significa cimentarsi con la Costituzione e con le leggi dell'Europa, alla base della nostra società».