La psicologa
«La ragazza non è sana da un punto di vista psicologico»
Traversetolo L’immagine di una ragazza sorridente, l’apprezzata babysitter, la studentessa brillante. Un ritratto che stride con la realtà emersa da quel fazzoletto di terra dietro la villetta gialla, quello di una giovane che ha sotterrato il figlio che aveva dato alla luce. Forse due. «Come è potuto accadere?» è l’interrogativo che corre sulle labbra di chi l’ha conosciuta. Abbiamo chiesto a Francesca Cenci, psicologa e psicoterapeuta, scrittrice e opinionista per Mediaset, di aiutarci ad analizzare la situazione.
«Quando capitano fatti come questi di base c’è un funzionamento patologico dal punto di vista mentale, sicuramente tenuto nascosto, oscurato dalla persona e non solo, ma spesso camuffato anche dal contesto familiare – spiega la psicologa -. Ci sono tante situazioni in cui la famiglia tiene molto più all’apparenza, al manifestarsi in un modo socialmente adeguato, ma all’interno nascondendo dinamiche malate o persone malate. Io non credo che questa ragazza fosse sana dal punto di vista psicologico, perché diversamente non avrebbe potuto commettere uno, probabilmente due, reati di questo tipo».
Nelle trasmissioni nazionali il caso ha un grande risalto. Qualche professionista ha parlato di «rimozione» dell’accaduto da parte della 21enne. Ma cosa si intende dal punto di vista psichiatrico?
«Rimozione o dissociazione sono dei meccanismi mentali di difesa che mettiamo in atto nel momento in cui commettiamo qualcosa di talmente brutto, inaccettabile, tremendo, da cui vogliamo assolutamente prendere le distanze. Significa prendere il distacco da noi stessi da ciò che abbiamo commesso, dimenticando il fatto. Io non darei per scontato che in un caso come questo sia avvenuto un meccanismo di rimozione o di dissociazione. Questo è tutto da verificare: la ragazza andrà sottoposta a test psicodiagnostici, a valutazioni psichiatriche accurate e approfondite, ma spesso però la dissociazione e la rimozione vengono strumentalizzate dai legali, ma non sempre avviene. Al momento non sarei così convinta che questo sia accaduto, non abbiamo elementi per poterlo affermare».
Ci sono condizioni particolari perché si verifichi? «Un fatto di questo tipo è molto particolare, non c’è soltanto un omicidio, che può essere un evento che, come inizia, finisce in un arco temporale molto ristretto. Qui abbiamo anche da analizzare una gravidanza che dura nove mesi. Come fa una persona a rimuovere anche nove mesi della sua vita? Questo mi lascia sinceramente molto perplessa, così come il contesto famigliare».
«Spesso si ricerca a tutti i costi una situazione psicopatologica per affrontare un evento così traumatico perché non siamo predisposti ad accettare che una donna possa fare una cosa del genere. E sicuramente questa persona dal punto di vista mentale non è sana, perché se no non lo avrebbe fatto, ma questo non implica che abbia avuto un meccanismo difensivo».
Hanno anche paragonato il caso Vignale con quello del giovane 17enne che nel Milanese ha ucciso il fratello, il padre, la madre, secondo la retorica della famiglia apparentemente perfetta.
«Non necessariamente un contesto apparentemente per bene, con la villetta, la station wagon e il cane significa che le dinamiche famigliari siano sane. Anzi. Quello che accade in un contesto familiare lo sanno solo le persone che ci vivono».
«La famiglia perfetta non esiste - continua -. I social media ci hanno spinto a far voler sempre fare apparire le cose in modo diverso da quello che sono, essere sempre migliori di quello che siamo, sia da un punto di vista estetico, nei posti che frequentiamo, nelle relazioni. Basta vedere le foto di quella famiglia, tutti sorridenti. Questo non significa stare bene insieme, non significa affrontare le cose in maniera sana e approfondita, ma spesso, proprio perché si da molto l’importanza all’apparire in un determinare modo, si nega quasi che i figli possano avere delle problematiche profonde. Voler nasconderlo agli altri, ma anche a se stessi» conclude.
Maria Chiara Pezzani