L'intervista
Manuel Nocciolini, il lupo non ha perso il pelo. E nemmeno il vizio... del gol: «Alla Fidentina gioco e mi diverto»
Il lupo non perde il pelo e nemmeno il vizio. Manuel Nocciolini sfoggia ancora lo stesso look che, nelle travolgenti stagioni del Parma della rinascita, lo consacrarono come il «Barbabomber». E, a 35 anni compiuti nel maggio scorso, continua a segnare, sebbene in una categoria diversa quale l'Eccellenza. «L'entusiasmo, per un calciatore, è tutto - afferma Nocciolini: se alla domenica mattina ti alzi dal letto alla domenica e non hai voglia di contare le ore che ti separano dalla partita, beh, allora a quel punto è meglio metterci un bel punto sopra e voltare pagina».
Un pensiero che evidentemente, Manuel, non l'ha mai sfiorata.
«E perché mai? Gioco e mi diverto. Poi, da quest'anno, ho fatto una scelta ben precisa, riavvicinandomi a Parma, per stare accanto alla mia compagna e a mia figlia. Non mi manca proprio nulla».
E si vede in primis dalla serenità. Poi, con la Fidentina è già arrivato a quota cinque reti...
«In estate, dopo che mi era scaduto il contratto con il Grosseto, ho valutato diverse proposte che mi erano arrivate. Ma nessuna mi aveva convinto fino in fondo. C'è stata la possibilità di parlare con il direttore sportivo della Fidentina, che conosco da tempo, e ho ritenuto che questo potesse essere un progetto interessante da sposare. Mi avevano detto che qui mi sarei trovato come a casa e, in effetti, ho trovato una grande famiglia».
Che campionato di Eccellenza sta scoprendo?
«Il livello è alto. A dispetto di quello che si può immaginare non c'è solo tanta fisicità, ma anche tecnica e qualità: è un aspetto che avevo notato andando a vedere le partite di qualche amico che gioca in Eccellenza. Come squadra non siamo partiti benissimo, ma possiamo crescere. Lo scorso anno i valori della Fidentina sono emersi alla distanza, dopo un avvio stentato».
In questo senso aver ripreso per due volte, grazie alla sua doppietta, una squadra solida e costruita con altri obiettivi come la Correggese, cosa può dare?
«Può e deve dare molto, a cominciare dall'autostima e dalla fiducia. Guardiamo già alla prossima partita con ottimismo».
Famiglia e campo a parte, cosa c'è di altro nelle giornate di Manuel Nocciolini?
«Il lavoro. Anche questa è stata una scelta ben precisa: iniziare un percorso professionale mentre ancora sono in attività. Ho sempre avuto una mentalità imprenditoriale, la voglia di scommettere su me stesso. Opero nel settore dell'autonoleggio e, a questa attività, affianco quella di broker assicurativo».
Allora, di certo, non si annoia?
«Quello no di sicuro. E poi, sa, nella mia carriera calcistica non ho guadagnato cifre tali da consentirmi, oggi, di starmene seduto su un divano o trascorrere otto mesi all'anno in vacanza ad Ibiza… Ho voluto iniziare a mettere qualche mattoncino per il futuro. Anche la mia compagna è contenta, almeno così non mi ha sempre in giro per casa (ride, ndr). Battute a parte, lei ha assecondato tutte le mie scelte, calcistiche e lavorative: un altro motivo per cui esserle grato, oltre a tutto il resto».
Quando smetterà si vede ancora nel calcio?
«Fino a due-tre anni fa pensavo di proseguire nel calcio ma nelle vesti magari di agente, anche per la capacità che mi viene riconosciuta di instaurare relazioni con le persone. Ora, invece, ho scoperto che mi piacerebbe allenare: volevo anche iscrivermi al corso Uefa C, qui a Parma, ma gli orari delle lezioni non erano compatibili con i miei, tra lavoro e campo. Ma troverò il tempo anche per quello».
Se il tifoso pensa a Nocciolini in maglia crociata, il ricordo va subito alla sua rete nella finale play-off per la B. A lei invece cosa resta dentro di quegli anni?
«(Manuel sospira, comprensibilmente emozionato, ndr) Senza nulla togliere alle altre squadre nelle quali ho giocato, Parma resta l'esperienza in assoluto più bella della mia carriera. Qui ho respirato il calcio vero, quello che sognavo da bambino. Quando indossi la maglia di questo club, cosa volete che sia la categoria? Diventa un aspetto del tutto marginale. Mi allenavo in un Centro sportivo di serie A, con uno staff di serie A e accanto a professionisti con una certa carriera alle spalle, eppure così umili da calarsi nella mentalità della C o della stessa B senza alcuna supponenza e senza mai far pesare agli altri i loro trascorsi. Valori che mi porto dentro».