Piazza di Montechiarugolo
Addio a Marcello Mutti, il capitano d'industria attento all'innovazione, alla sostenibilità e al benessere dei dipendenti
«Mio padre è scomparso nella casa in cui è venuto al mondo. La casa all'interno dell'azienda».
Una vita passata alla «Corte» di Piazza di Montechiarugolo, per un imprenditore d'altri tempi con il talento dell'innovazione, «che vedeva nell'azienda - continua il figlio Francesco - un valore superiore a quello del semplice profitto economico. La sua era una visione più radicata, concentrata sul lavoro, sul rispetto e sulla progettualità».
Marcello Mutti è morto all'età di 83 anni, circondato dall'affetto della sua famiglia e dal «cuore» della sua impresa. Un signore, capitano d'industria, con un animo nobile e sempre attento alla ricerca e alla sostenibilità: grazie a una proiezione lungimirante. Che ha fatto della Mutti un'azienda leader.
Nato il giorno di Natale del 1940, dopo la laurea in Economia e Commercio si è sposato il 19 settembre 1966 con Angelita Rossi, conosciuta sui banchi dell'università. E dal matrimonio è nato Francesco, dal 1994 amministratore delegato di Mutti. Già un anno prima delle nozze, Marcello Mutti era entrato attivamente nell'azienda di famiglia. E dai primi passi si è colto il suo spirito imprenditoriale: il 1986 è l'anno del pomodoro in vetro, con cui la qualità diventa trasparente.
Il vetro è un materiale che permette di apprezzare il prodotto in tutta la sua trasparenza. Così l'azienda di Piazza adotta questa innovazione allestendo una linea interamente dedicata alla passata. E la scelta di Marcello Mutti si rivela il motore della ripresa dell'espansione dell'industria conserviera nel mercato italiano. E questo è solo un esempio, per ricordare l'imprenditore che dalla sua campagna ha portato il nome di Parma nel mondo. Con onore e orgoglio. Soprattutto, con quella stessa «trasparenza» e quella spontaneità che sapeva trasmettere in ogni parola alla prima conversazione, in cui riusciva a suscitare sempre nell'interlocutore una grande stima. Tanti i riconoscimenti alla Mutti per il metodo di lavorazione, per il controllo in tutti i passaggi produttivi e per la qualità dei prodotti. E il signor Marcello non ha mai smesso di lavorare per la sua terra, per i suoi frutti e per lo sviluppo sostenibile del suo made in Italy: innovazione con il pomodoro al centro. Ma c'è di più nella filosofia e nel fare dell'imprenditore che ha creato nell'azienda una vera comunità: «Con tanto senso del risparmio e tanti sacrifici insieme a mia madre Angelita, è riuscito ad acquistare anche l'altro 50% dell'azienda per ripartire con grande dedizione al lavoro - sottolinea il figlio Francesco -. L'eredità che ci lascia è quella di vedere l'azienda come un valore, basato sull'importanza della progettualità e della costruzione. Un'azienda in cui l'attenzione e il rispetto verso la persona devono essere prioritari. Mio padre era un uomo schivo ma di grandissimo cuore, che aveva innata la cultura del dono. Amava molto la natura e quando la vedeva "calpestata" ne soffriva tanto. Amava la natura e i suoi grandi spazi, quelli della pianura e quelli dell'Africa, in cui lo sguardo si perde nell'infinito. Era molto legato a Parma, ma alla città ha sempre preferito gli orizzonti di Piazza. Adorava la famiglia: mia mamma Angelita, che lo ha accudito con tanta cura, e mia figlia Costanza. Molto credente, aveva uno spirito cristiano cattolico fortissimo: aperto alle altre religioni, ma convinto della propria strada. E anche per questo spirito l'aiuto al prossimo, sempre nel silenzio della riservatezza, non poteva che far parte della sua quotidianità». Un uomo che ha parlato di sostenibilità ben prima dei tempi, con un'attenzione esemplare per il riuso e contro lo spreco. In quest'ottica, aveva persino raccolto degli oggetti cari all'azienda, proprio per farne una memoria storica. Un uomo, Marcello Mutti, che è riuscito giorno dopo giorno a creare nella «Corte» una grande famiglia: «Un nobile imprenditore - ripete Giovanni Grossi, direttore acquisti della Mutti -. Dopo gli studi, ho fatto la mia prima campagna del pomodoro alla Mutti nel 1982 e qui sono rimasto. Ho accompagnato l'azienda nella sua crescita e l'azienda ha accompagnato me. Con il signor Mutti in questi 42 anni ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Un rapporto diretto e di incredibile rispetto. Una persona pura, dotata di un'intelligenza e di una sensibilità rare. Un uomo elegante, a tratti piacevolmente ironico. E di grande spessore: con la sua sincerità e la sua raffinatezza si sapeva porre con gli altri sempre in maniera educata, precisa e rispettosa». Marcello Mutti già da 30 anni aveva lasciato al figlio Francesco le redini dell'azienda, «ma nella sua "Corte" lui era sempre presente, perché al bene dell'azienda ha dedicato una vita - continua Grossi -. Per Marcello Mutti il lavoro era una missione. Non era l'imprenditore che pensava solo al portafoglio: il suo scopo era creare ogni giorno valore per le persone che collaboravano con lui. E ora che non c'è più, ci lascia un'eredità esemplare: la passione per il proprio lavoro e il rispetto per le persone». Un imprenditore attento ai suoi dipendenti, «che sapeva creare famiglia nella sua azienda - dice ancora il Maestro del Lavoro Grossi -. La bella storia della Mutti passa proprio dalla territorialità e dal concetto di famiglia, in cui io stesso sono maturato dal punto di vista professionale e umano. Il signor Marcello sapeva stimolare in ogni dipendente l'attaccamento all'azienda, tant'è che qui a Piazza l'aria che si è sempre respirata è quella della dedizione. Aveva una premura per i suoi collaboratori fatta anche di piccoli gesti, che esprimeva il suo modo di essere. Gesti che trasmettevano immancabilmente i suoi valori: valori importanti per fare dell'imprenditoria un qualcosa di straordinario, non necessariamente legata all'interesse economico ma al benessere delle persone che lavoravano con lui. Così ogni dipendente si è sempre sentito partecipe di un cammino per creare insieme la storia dell'azienda».
Mara Varoli