Troppi infortuni nel calcio

Bozzetti: «Serve più prevenzione»

Marco Bernardini

L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Valentin Carboni ma prima del talento argentino di proprietà dell’Inter, in prestito all’Olympique Marsiglia, la stessa sorte era toccata a Zapata, Carvajal, Bremer, Rodri, Cambiaghi, Scamacca, Florenzi e ai due giocatori del Parma, Alessandro Circati e Mateusz Kowalski. Un’ecatombe di rotture del legamento crociato che compromette già la stagione agli albori (nella migliore delle ipotesi, lo stop si aggira attorno ai sei-sette mesi) e, soprattutto, apre una serie d’interrogativi tra dottori, fisioterapisti, preparatori e luminari del settore.

Chi punta il dito contro l’elevato numero di partite, accompagnato da maggior stress e intensità del gioco, e chi, è il caso dello «storico» massaggiatore di Parma e Nazionale, Claudio Bozzetti, da una vita fisioterapista al Cpr, si concentra sulla scarsa prevenzione ponendosi diverse domande di non facile risoluzione. «Non esiste una sola spiegazione o una verità assoluta -esordisce- ma mi chiedo: facciamo i test isocinetici per vedere lo squilibrio tra i muscoli estensori e i muscoli flessori? Facciamo propriocettiva almeno per dieci minuti prima e dopo l’allenamento? E ancora viene calcolato il rapporto tra cortisolo e testosterone per capire se il giocatore è in sovrallenamento oppure no? Queste sono solo alcune precauzioni che ci possono essere perché quasi sempre il crociato non si rompe in un contrasto ma in un movimento innaturale di rotazione».

Crede che la colpa possa anche risiedere nelle troppe partite in calendario?

«Prendete l’esempio del “mio” Parma Calcio quando eravamo in corsa in tutte le competizioni e l’organico era composto da 16-18 giocatori. Oggi sono in 25 e c’è un cambio maggiore, non è solo lo stress delle partite ma la causa va ricercata nella qualità dell’allenamento e nella poca prevenzione».

Quanto incide la componente della sfortuna?

«La sfortuna c’è e ci sarà sempre, possono esserci anche delle cause genetiche. Mi è capitato più volte di curare padri e, a distanza di tempo, i loro figli alle prese con lo stesso infortunio. Dipende dalla cosiddetta gola stretta dove sono piantati i crociati nel femore però questo non lo sai prima. Piuttosto, lo ribadisco, è importante fare i test isocinetici prima dell’inizio della stagione e dopo 3-4 mesi di lavoro entro Natale».

Bisognerebbe cambiare la tipologia degli allenamenti?

«Il nostro preparatore Carminati era maniaco del lavoro di forza, adesso si cerca di fare delle enormi quantità di pesi ma è la qualità del lavoro che fa la differenza. Ci vorrebbero più ripetute e meno chilogrammi da spingere con le gambe, tanto per intenderci».

Reintrodurrebbe la corsa defaticante dei tempi di Scala?

«Intanto è una cosa che si vede fare sempre quando c’è una gara ciclistica. Quel quarto d’ora sui rulli alla fine della corsa è molto utile e anche quello che facevamo noi al Parma era importantissimo».

Quale consiglio si sente di dare ai convalescenti nel percorso di recupero?

«Non ci vuole fretta, bisogna vedere, innanzitutto, se il ginocchio e i muscoli sono a posto poi cambia tanto a seconda della gravità della lesione e dell’età del giocatore. Se sarà sulla trentina avrà una struttura cartilaginea più usurata rispetto a un ragazzo di 16-17 anni. Però noto che ultimamente si sta abbassando anche l’età di coloro che riportano la rottura dei legamenti crociati, succede sempre più spesso anche nei giovani. Per questo sarebbe opportuno fare riflessioni più approfondite e cercare di prevenire il problema prima che sia troppo tardi».

Marco Bernardini