L'INTERVISTA ANGELO BINAGHI

«Così ho guidato il tennis italiano in cima al mondo»

Aldo Tagliaferro

Dica la verità, se lo sarebbe mai sognato un anno che inizia con l'Italia che conquista la Coppa Davis, prosegue con due Slam vinti da Jannik Sinner, salito sul trono di numero uno del tennis mondiale, due medaglie olimpiche, Jasmine Paolini in top five e – per chiudere il cerchio - le Atp Finals a Torino?

«La risposta è semplicemente: no. Anche perché mai c'erano state le condizioni nemmeno per sognare un quadro del genere».

Che non è casuale...

«Avremmo potuto parlare di casualità solo se tutto fosse stato riconducibile solo al fenomeno Sinner, come è accaduto in Svizzera con Federer o in Serbia con Djokovic, ma il mondo guarda con ammirazione il fatto che abbiamo sette giocatori nei primi 50, molti di loro giovanissimi, tra 21 e 23 anni, e nel panorama femminile Jasmine Paolini è salita al numero 4 del ranking Wta, poi ci sono due medaglie conquistate alle Olimpiadi. C’è obiettivamente alle spalle un percorso di lungo periodo che parte dal 2001, un percorso di crescita sana e costante del tennis in Italia sia dal punto di vista economico, partito dal risanamento della Federazione e degli Internazionali a Roma, sia dal punto di vista tecnico, sia - soprattutto - in termini di popolarità. E dire che nel 2001 il presidente del Coni (all'epoca Giovanni Petrucci, ndr) considerava il tennis lo sport peggiore in Italia... Oggi il giudizio è diametralmente opposto».

I nostri campioni vengono da ogni angolo dello Stivale: il decentramento è uno dei fattori del successo?

«Sì, il modello di crescita diffuso si è rivelato vincente. Non più tardi di 6-7 anni fa molti media ci criticavano - in malafede - perché non avevamo un centro nazionale unico per poter sviluppare il settore tecnico e invece quello era proprio l’emblema del sistema che si stava affermando. Oggi nessuno muove più quelle critiche».

Che ruolo ha giocato SuperTennis, il canale della Federazione?

«SuperTennis ha ricoperto un ruolo centrale in questa storia, lo dicono gli studi commissionati a diverse università italiane. Quando partimmo si disse che erano soldi buttati al vento, invece si tratta dell’investimento più produttivo per l’ecosistema del tennis in oltre cento anni di storia. E' la cosa migliore che abbiamo fatto».

E siamo vicini al milione di tesserati...»

«Molto vicini, forse entro l’anno taglieremo il traguardo ma quello che conta di più sono i praticanti. Nel 2021 - prima dell’effetto Sinner - un'indagine sullo sporto italiano condotta da una banca aveva stimato in 3,1 milioni i praticanti di tennis, ai quali vanno aggiunti più di un milione di giocatori di padel. Credo che oggi siamo molto vicini ai 5,3 milioni di praticanti stimati per il calcio. Ma non ci basta: sono convinto che continueremo a crescere, ce lo dice la storia, con il precedente della vittoria in David nel 1976, ce lo dice il sistema che oggi è sano e unito sia dal punto di vista politico che tecnico. Ce lo dicono l’entusiasmo che riscuotono gli Internazionali a Roma e ora le Atp Finals di Torino, già sold out. Ce lo dice - ancora - la catena di controllo della Federazione che è più snella e operativa del calcio o di altri sport che fanno i conti con meccanismi più frammentati».

A proposito di padel, ci crede davvero? Non c'è il rischio che sia una moda, una bolla destinata sgonfiarsi negli anni?

«Ci credo fermamente. I timori di una bolla erano di qualche anno fa ma la realtà ci dice che il padel è lo sport che è cresciuto di più in Italia e continuerà a farlo fino a stabilizzarsi come una delle discipline più popolari».

E il pickleball? In America è un autentico boom.

«Diventerà altrettanto popolare anche il pickleball, ci crediamo e ci stiamo investendo, con tutti gli sport di racchetta puntiamo a diventare la Federazione con le discipline più popolari».

Parliamo di tennis giocato. Le classifiche tra diverse epoche, in tutti gli sport, lasciano il tempo che trovano, ma secondo lei Jannik Sinner è davvero il tennista italiano più forte di tutti I tempi?

«Stilare classifiche generali e intergenerazionali è sempre difficile, ma nel caso specifico credo che tutti, a partire da Nicola (Pietrangeli, ndr) sia del parere che Sinner è il giocatore di tennis più forte mai espresso dal paese. E ha solo 23 anni...»

Può ambire ad entrare nel ristretto club dei “mostri”, quello di Federer, Nadal e Djokovic? Può, insomma, arrivare in doppia cifra negli Slam?

«Sì, ma dipenderà dalla sua salute: se Jannik e il suo team sapranno gestirsi al meglio avremo davanti a noi quindici anni di grande divertimento per milioni di appassionati».

Che giudizio dà della vicenda del doping, peraltro non ancora conclusa, che ha coinvolto Sinner?

«Il peggio sembra essere passato, ovvero quando Jannik aveva questo macigno che non poteva esternare né sapere cosa sarebbe successo quando fosse diventato pubblico. Oggi il quadro è chiaro anche se qualcuno ha provato a dare letture differenti da quello che è stato appurato. Alla fine della vicenda avremo un ragazzo diventato uomo, più attento, maturo e consapevole».

E Lorenzo Musetti, lo vede in top ten?

«In top ten? Sì, ma forse arrivo a dire anche più avanti. Speriamo però che riesca a mettersi nelle condizioni per esprimere al meglio e con continuità il suo talento sopraffino».

A proposito di stile e talento, una domanda al Binaghi tennista: rovescio a una mano o a due?

«A una mano! Senza dubbio. Quando giocavo il rovescio era il mio colpo migliore. Poi quando con la scuola svedese arrivarono i bimani (ride, ndr) ho cominciato a fare meno punti, sarebbero da mettere fuori legge!».

Torniamo seri. Matteo Berrettini ha superato momenti drammatici tra infortuni e attacchi sui social decisamente ignobili. Ha portato punti decisivi in Davis, quanto importante è oggi per il tennis italiano?

«Matteo è un grande campione. Non dimentichiamo, come ricorda spesso lo stesso Sinner, che è stato un grande vantaggio anche per Jannik avere prima di lui Berrettini a fare da traino e dare l'esempio e prima ancora - aggiungerei - Fabio Fognini. I risultati di vertice del nostro tennis sono stati una crescita costante di medio-lungo periodo. Matteo deve solo trovare continuità diminuendo gli infortuni che lo hanno tartassato».

E le donne? L'esplosione di Jasmine Paolini è stata tardiva, Sara Errani sta vivendo una seconda giovinezza. E il movimento?

«Per le nostre giovani è ancora presto, è vero che siamo vice campioni del mondo nella Billie Jean King Cup, ma non abbiamo ancora una generazione fra i 21 e i 23 anni così numerosa e forte come tra gli uomini. Stiamo però lavorando alacremente dietro le quinte, da poche settimane Roberta Vinci è entrata nel settore tecnico e sono certo che il suo ingresso è un valore importante».

Stanno per iniziare le Atp Finals a Torino. Il contratto scade nel 2025. E poi?

«Sono convinto che riusciremo a vederle confermate in Italia fino al 2030».

Ha già in tasca il nome di un nuovo Sinner tra i nostri giovanissimi?

«No, perché la quantità di problematiche da gestire - aumentate con il successo del tennis - mi impone un distacco sempre maggiore dal settore tecnico. Oggi mi devo occupare soprattutto di bilanci, di rapporti con gli enti, di sponsorizzazioni, aspetti che c’entrano poco con lo sport giocato. I giocatori li vedo quando ormai sono entrati nei 50, non posso fare il talent scout. Ma visti i risultati mi dicono che è meglio così...»