PATTEGGIAMENTO
«Sei una mezza donna»: insulti e sassi contro la vicina e i suoi genitori
Il benvenuto era già un cattivo presagio. Il giorno in cui si era trasferita in quel palazzo, la macchina della vicina era stata piazzata in modo da bloccare quella del suo compagno che le stava dando un mano per il trasloco. Ottobre 2019: l'inizio dell'incubo tra le quattro mura di casa che andrà avanti per quasi due anni facendo precipitare Livia (la chiameremo così) e i genitori in uno stato costante di ansia, costringendoli anche a trasferirsi per alcuni mesi. Denunciata e finita sotto processo per stalking aggravato, la vicina - 55enne, origini lombarde - ieri ha patteggiato 1 anno davanti al giudice Sara Micucci. Le è stata concessa la sospensione della pena, a patto che porti avanti un percorso terapeutico in un centro di recupero.
Stessa palazzina e solo un soffitto a dividere la quotidianità delle due donne. Fin da subito la vicina del piano di sopra ha vissuto l'arrivo di Livia e del compagno come un'intrusione. Ma assolutamente «non graditi» erano anche gli anziani genitori che spesso andavano a trovarla. Vecchie ruggini? Qualche dissapore precedente al trasloco? Nulla è emerso, anche perché il caso si è chiuso in udienza preliminare con un patteggiamento. Certo è che, dopo l'accoglienza riservata a Livia e al compagno il giorno del trasloco, le cose sono precipitate. Il 2020, complice forse anche l'emergenza Covid, è stato un anno segnato da una tensione fortissima tra le due famiglie. Ogni occasione poteva diventare un pretesto per far scatenare l'ira della vicina del piano superiore. E naturalmente anche il compagno era finito nel mirino: un giorno, dopo averlo insultato, la 55enne gli aveva impedito di uscire dal cancello del condominio filmandolo anche con il telefonino.
Toni sempre più alti. E al limite dell'aggressione fisica. «Fai attenzione a come ti rivolgi a me?», si era sentita dire Livia nel maggio del 2020, mentre pochi mesi dopo aveva temuto di essere investita nel cortile di casa: l'auto della vicina si era bloccata a una distanza ravvicinatissima, solo perché lei aveva deciso di intervenire quando aveva sentito le urla della vicina nei confronti del padre che aveva «osato» esporre il cartello «non parcheggiare» davanti al suo cancello. Poi erano cominciati anche i messaggi e le telefonate intimidatorie a tutta la famiglia.
Livia era «la cornuta di cui tutti parlavano», oltre che «una mezza donna» perché non aveva avuto figli. Gli ultimi. Grevi insulti della vicina. Prima che Livia decidesse di andare in caserma. A raccontare di quegli anni in cui era arrivata a detestare casa sua.
Georgia Azzali