CONDANNA
Federico Pesci si costituisce in carcere a Modena
Federico Pesci da ieri pomeriggio è detenuto a Modena. Nemmeno 24 ore sono trascorse dalla dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso da parte della Cassazione, e l'ex «ragazzo d'oro» della moda parmigiana è già in cella. A sette anni e dieci mesi di reclusione era stato condannato dalla Corte d'appello di Bologna nell'ottobre del '23: ieri è stato il primo di quei quasi tremila giorni (ai quali andrà tolto il periodo già trascorso in carcere e ai domiciliari subito dopo l'arresto) da scontare.
L'ex imprenditore si è costituito verso le 14,30. Ad accompagnarlo, il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri. Condannato in via esecutiva per violenza sessuale di gruppo e lesioni personali gravi ai danni di una 21enne, mercoledì Pesci non era rientrato da Roma, dopo aver saputo del sigillo della Suprema corte. Nel caso che anche l'ultimo atto processuale si fosse concluso con un verdetto a lui sfavorevole, aveva manifestato il proposito di costituirsi.
E così ha fatto, giocando d'anticipo. Ha atteso che Cavalieri, insegnante alle superiori, finisse le lezioni del mattino. Poi, gli ha inviato la posizione, per essere raggiunto sul retro della stazione di Modena. Verso le 14,15, si è quindi fatto portare al carcere di Sant'Anna, uno dei quattro nella nostra regione che abbia un braccio per la detenzione di sex offender. Qui, dopo l'immatricolazione, è entrato in una cella da condividere con un altro detenuto. Una scelta quasi scontata, Modena (dove tra l'altro aveva già trascorso cinque giorni nel 2018): gli altri istituti sono Bologna, Ferrara e Forlì. Via Burla, invece, non è attrezzata per chi, per il marchio comportato da questi reati, rischia di subire violenze da parte degli altri reclusi.
«Pesci ha avuto un grande contegno rispetto a un momento che sarebbe molto difficile per chiunque» dice Cavalieri, che anni fa, ancora garante comunale, per cinque giorni aveva accompagnato l'ex imprenditore allora ai domiciliari perché potesse sfruttare i permessi per andare al lavoro concessi dal gip. Durante il tragitto, nessun commento sulla conclusione della battaglia cominciata nel luglio del 2018, dopo la «notte degli orrori» a base di alcol, droga, sesso e bondage non consensuale nell'attico di via Emilio Lepido.
A scatenare il caso era stata la denuncia partita d'ufficio dal pronto soccorso per le lesioni riscontrate sul corpo della 21enne. La giovanissima aveva seguito l'allora 46enne nell'attico per un rapporto a pagamento. Entrato in scena poco dopo il pusher nigeriano Wilson Ndu Aniyem, con altra cocaina, lei in un primo tempo aveva acconsentito di avere rapporti anche con lui. Ma le pratiche sadomaso invece le aveva subite, chiedendo invano agli altri di smettere. Da qui accuse, processo e condanna. Aniyem, giudicato con rito abbreviato, ha finito in settembre di scontare i cinque anni e otto mesi della sua condanna (ora è dentro per altra causa).
«Costituendosi, Pesci ha voluto evitare il clamore di una cattura da parte delle forze dell'ordine» spiega Cavalieri. Cattura che sarebbe avvenuta ieri alle 8, se il condannato fosse stato a casa: a quell'ora i poliziotti hanno suonato alla sua porta. «È stata seguita una procedura a dir poco anomala - protesta l'avvocato ferrarese Fabio Anselmo, che con il collega romano Francesco Petrelli ha difeso Pesci in Cassazione -. Per legge, la Procura generale, di Bologna in questo caso, avrebbe dovuto notificare innanzitutto a noi l'ordine di carcerazione. E invece la notifica ci è arrivata con ore di ritardo: siamo stati avvisati prima da altri. Non possiamo che rammaricarcene. Se il nostro assistito fosse stato raggiunto alle 8 dalla Questura, l'arresto sarebbe stato illegittimo». Per questo, una pec con le rimostranze della difesa è già stata inviata alla Procura generale. «Ringrazio Cavalieri - conclude Anselmo - per avere garantito a Pesci il sacrosanto diritto di consegnarsi personalmente, senza che fosse organizzata alle sue spalle alcuna spettacolarizzazione».