Intervista
I 90 anni di Raina Kabaivanska: «Nel 1972 al Regio scoppiò l'amore con mio marito Franco. Mi baciò durante le prove»
Buon compleanno, Raina! Oggi la soprano Raina Kabaivanska compie novant’anni, di cui cinquantacinque spesi sul palcoscenico dei più importanti teatri del mondo dal Metropolitan al Convent Garden, dalla Scala a Salisburgo. Cittadina onoraria di Parma, è considerata una leggenda della lirica.
Primadonna e donna autentica, Raina è anche nonna e si coccola gli adorati nipoti Giovanni e Cecilia. Questa sera sarà festeggiata al Comunale di Modena, tutto esaurito, con un concerto intitolato «Buon compleanno Raina».
Signora Kabaivanska, che bilancio può fare di questi 90 anni in cui è stata diva e donna?
«Ho avuto una vita bellissima. In scena ero felice e cantare ti offre il privilegio di essere un'altra persona. In teatro sei in una bolla lontana dalla realtà, vivi un’illusione. Poi mi sono realizzata anche come donna costruendo una famiglia».
Il suo legame con Parma è speciale. In una Stagione fu invitata a cantare addirittura due titoli, poi la scelsero per il concerto per i 150 anni del Regio...
«Ho avuto un rapporto di grande complicità con l’esigente pubblico di Parma, dove ho cantato tutti i miei cavalli di battaglia. Ho scelto Parma per il mio addio italiano a Tosca. Cantare davanti a un pubblico così competente, ti costringe a dare il massimo e l’amore di questo pubblico mi ha ripagata di tutto. La prima volta, terrorizzata dalla fama del loggione, avevo messo due persone di
guardia davanti al camerino. Non servirono. Al termine della recita venne una delegazione di loggionsti a complimentarsi e da lì è nato un rapporto duraturo di stima. Nelle pause delle prove amavo passeggiare in città, andare alla Galleria Nazionale, al Teatro Farnese, in Steccata e nutrirmi di tutta questa bellezza».
Galeotta fu «Francesca da Rimini» del 1972 al Regio, durante la quale nacque l’amore con suo marito...
«Franco Guandalini, farmacista modenese con la passione per il teatro, era il regista. Nella scena del bacio il tenore, non era mai convincente e così lui, facendogli vedere più volte come avrebbe dovuto fare, mi baciò più volte e ci innamorammo. Con lui mi sono sentita compresa per ciò che facevo. Potevo essere a cena con i Kennedy o acclamata sul palco, ma poi tornavo in famiglia, molto importante per avere un equilibrio».
Peppino Negri che dirigeva il Regio aveva per lei grande ammirazione.
«Indimenticabile Negri. Una volta venni a sapere che Alfredo Kraus prendeva sette milioni di lire di cachet e io forse cinque. Chiamai Negri al telefono protestando per l’ingiustizia e lui subito disse “Raina va bene, sette, sette anche a te ma canta!”».
Il Club dei 27 l’ha insignita del titolo di «Cavaliere di Verdi».
«Sono grata al Club e tengo a questo riconoscimento. Ho cantato tanto Verdi, che amo, da Otello con Del Monaco, Tito Gobbi e il maestro Solti al Covent Garden a Falstaff a Salisburgo con Karajan, Don Carlo e Simone con Abbado in Scala e sempre lì, Ernani con Domingo e Ghiaurov, La forza al Met di New York con il grande Carlo Bergonzi...».
La sua carriera è costellata di trionfi dal Barocco al Novecento ma è soprattutto ricordata per le interpretazioni pucciniane. Il loggione dopo una sua Tosca sentenziò: “Méj d’acsì, la Tosca a n’la podèva far gnàn la Duse”.
«Mi gratifica molto perché Puccini è teatro puro. Non fai emozionare lo spettatore solo avendo una bella voce o l’acuto e il pubblico mi ha riconosciuto l’essere interprete, non solo cantante ma attrice e artista».
Una carriera al fianco dei più grandi colleghi...
«Ho tenuto tra le braccia Del Monaco e Corelli, Bergonzi e Tucker, Pavarotti e decine di altri big. Carreras debuttò Tosca a 29 anni con me a Parma ».
Un rimpianto artistico?
«Macbeth. Non mi venivano le agilità del brindisi e da perfezionista ho sempre detto no. Oggi mi verrebbero perché adesso so come si fa. Insegnando si impara moltissimo!».
Tra viaggi, interviste, insegnamento, la sua agenda è ancora oggi piena. E’ questo il segreto della sua “giovinezza”?
«La memoria ogni tanto mi tradisce ma l’antidoto alla vecchiaia è stare in mezzo ai giovani e continuare a vivere di musica».
Ilaria Notari