INTERVISTA
Alessio Boni: «Il messaggio di pace della “Gerusalemme Liberata”»
Un grande classico della nostra storia letteraria, «La Gerusalemme Liberata», prende vita, forse una nuova vita per un appuntamento imperdibile: «Il meraviglioso cristiano» domani alle 21 in Cattedrale. Il contesto guarda alle iniziative legate a Correggio500, ma la premessa è che nel 1581 Angelo Ingegneri pubblica, a Parma, per la prima volta il poema di Torquato Tasso. Il resto domani lo farà la voce chiamata a narrarlo, Alessio Boni, ovvero una personalità non tanto definita, quanto scolpita. Parimenti, a tutto tondo, tratta i suoi personaggi perché Boni guarda sempre negli occhi, sia a te che lo guardi sia al carattere che interpreta, al testo che sta trattando non concedendo scampo. «L’argomento è la prima crociata, dal 1096 al 1099 che si sposa a tutta la modernità di oggi. L’arcangelo Gabriele appare a Goffredo di Buglione perché vada a liberare la Gerusalemme, il Santo Sepolcro recandosi, là proprio dove era nato tutto quanto, sul Golgota che era nelle mani dei musulmani. Ora tutto questo entra dentro un gioco immaginario, fumettistico, favolistico quasi da bambini dove il cattivo è comandato dai diavoli mentre i buoni capitanati da Goffredo di Buglione, sono sovrastati da angeli». Da qui parte la storia «Il meraviglioso cristiano» – racconta Alessio Boni – la cui drammaturgia è un congegno perfetto, confezionato per l’occasione, della durata di un’ora e un quarto che parla di battaglie, tradimenti, amori e sotterfugi. L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura di Parma, in collaborazione alla Fabbriceria della Cattedrale e il Complesso Monumentale della Pilotta è sostenuto da Fondazione Cariparma. «Si onora il romanzo cavalleresco per eccellenza, in tutte le sfumature. Mille storie contiene il racconto il cui finale, spaventoso, ci ricorda le nostre guerre senza vincitori e vinti; non c’è silenzio ma nemmeno il grido espresso, c’è solo sangue sparso. La guerra, alla fine, ti lascia quel senso di amarezza che, anche se vinci, non hai vinto, hai solo desertificato. È l’eterno uguale che ritorna: oggi in Palestina, Israele, Ucraina e noi siamo sempre là come delle falene, attratti dal fuoco che sai che se, ti avvicini, ti brucia le ali». Boni continua, raccontando del finale sorprendente con Goffredo, il vincitore, che entra nel Santo Sepolcro pregando per le anime morte in guerra con la speranza ritornino a rivivere in un mondo migliore: «Qui continua la metafora in cui si rispecchia l’attuale storia dell’umanità. E a me piace entrare nel racconto per farlo arrivare alla gente, in quanto poemi come questi sono sempre lontani perché ritenuti pedanti. Per renderli comprensibili bisogna prendere l’ascoltatore per mano e portarlo dentro a questa favola per grandi. E anche se quelle ottave non le comprende tutte, non importa: il senso arriva. Non c’è bisogno di capire per amare: ci sono uomini e donne che si innamorano pur non conoscendo la lingua dell’altro. In questo modo bisogna far arrivare i classici... A maggior ragione adesso, nella vita di oggi che si esprime con modalità diverse ma, sotto, l’essenza è identica, come tantissimi anni fa: allora c’erano lancia e lo scudo, adesso i droni e le bombe atomiche. Il principio è uguale ed è impressionante che non sia cambiato: c’è ancora sete di potere e di ammazzamenti». La lettura di Boni si sviluppa come un concertato a due voci in cui si alterna con Marcello Prayer.
«Entrambi, da appassionati, portiamo avanti la lettura in modo concertato. Che significa? Jazzare insieme sulla stessa cosa: parte uno, poi parte l’altro e dopo jazziamo questo testo per cui creiamo una battaglia di voci: due che si incrociano, si infervorano e si mitigano».
Il testo, infine, è accompagnato da una sonorizzazione musicale a cura della Toscanini Next e così prende corpo «Il Meraviglioso Cristiano» della «Gerusalemme Liberata» specchio fedele, attuale e infuocatissimo del «più malinconico dei poemi eroici [...], il melodramma religioso più irrequieto e denso di penombre che si è nutrito però di nebbie di pianura e che ha preso sostanza, come abbiamo sentito, proprio qui a Parma, mentre il suo autore era sotto chiave, all’Ospedale di Sant’Anna». Da come scrisse nella Lettera «a gl’intendenti lettori» Angelo Ingegneri editore in Parma della prima edizione de La Gerusalemme Liberata nel 1581.