INCHIESTA
Crollo dei matrimoni religiosi: l'83% sceglie il rito civile
Ormai la tendenza è questa: quattro coppie su cinque scelgono la cerimonia civile. E i matrimoni in chiesa calano drasticamente.
«Trent'anni fa ogni parrocchia faceva almeno 30 matrimoni - dice don Luciano Genovesi, cancelliere della Diocesi di Parma -, oggi sono pochi: solo nella mia parrocchia a San Lazzaro ne ho celebrati due quest'anno».
Nel 2024 i matrimoni civili a Parma sono stati quasi l'83% e il 17% quelli religiosi: una percentuale che si ripete dai tempi della pandemia per il Covid. I servizi demografici e Urp settore cittadinanza attiva e servizi al cittadino del Comune fa infatti sapere che nel 1994 a Parma ci sono stati 487 matrimoni religiosi e 209 civili, nel 2004 256 matrimoni religiosi e 312 civili, nel 2014 150 matrimoni religiosi e 250 civili, nel 2024 78 matrimoni religiosi e 378 civili.
Tradizioni che cambiano, così come sono diverse le età dei coniugi che decidono di pronunciare il fatidico «Sì». I nuovi coniugi hanno infatti un’età media di 30-35 anni, ma ci sono anche persone ultracinquantenni e ultrasessantenni che si sposano per la prima volta o per una seconda volta. E se i matrimoni in chiesa diminuiscono, parallelamente aumentano i divorzi. Sempre il Comune ci fa sapere che dall’anno 2014, ossia da quando esiste la possibilità di divorziare in Comune, se ne ricorrono i requisiti, la media è di circa 250-300 all’anno. E per una città come Parma sono davvero tanti. Ma perché non ci si sposa più in chiesa?
«Non possiamo negare la profonda crisi che l'istituto del matrimonio sta attraversando a partire dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso - commenta ancora don Luciano Genovesi -. Un’erosione costante che viene rispecchiata dai numeri che ogni anno l'Istat registra. Al di là delle analisi sociologiche, seppure importanti e necessarie, l'esperienza pastorale di noi parroci non può non confermare la crisi di fede ormai cronica che caratterizza l'Occidente. Lo sguardo soprannaturale e il riferimento a Dio per leggere la propria esistenza non sono più né scontati, né, tantomeno, coltivati. Il netto calo delle nozze in chiesa, circa il 40% delle celebrazioni totali registrate in Italia nel 2023, confermano questa crisi. Si arriva alla celebrazione con motivazioni che non sempre rispecchiano un cammino di fede solido e radicato. Anche il linguaggio usato, infatti, del tipo "il mio matrimonio", conferma l'assunto. Il matrimonio è un progetto di alleanza che Dio mette nelle mani dell'uomo e della donna, i quali, liberamente, si accolgono reciprocamente per costituire quella piccola chiesa domestica che Dio vuole costruire sull'amore sponsale unico, indissolubile, casto e fecondo. L'incontro che proponiamo ai nubendi sul tema "Dio nella mia vita" è sempre rivelativo del forte condizionamento della mentalità mondana sull’opinione generale riguardo il coniugio, specie in punto alla possibilità del divorzio e all’apertura alla vita non in una prospettiva cristiana. Ci scontriamo con queste convinzioni, che cerchiamo di mettere in discussione, richiamando, appunto, il disegno di Dio sull'amore sponsale. Sorgono sempre dialoghi interessanti, che portano a scoprire nel proprio cuore quell'anelito di infinito e quella nostalgia di Dio che sono state scritte nel nostro cuore quando siamo stati chiamati all'esistenza. Ripartiamo sempre da qui, da ciò che da sempre affascina e attrae l'uomo e la donna: il vero, il giusto e il bello. Dio è questo, oltre ad essere amore incondizionato. E il matrimonio è uno dei riflessi più suggestivi del vero, del giusto e del bello».
Oltre alla perdita di fede non è escluso che la causa sia da ricercare anche nel fattore economico: non è un mistero che la cerimonia in chiesa implichi forse più costi, perché è convinzione diffusa che supponga una festa, anche se in maniera non obbligatoria. Mentre la cerimonia civile è più riservata: va di moda infatti il matrimonio per pochi intimi, solo con parenti più stretti e senza fiori, musica o buffet. Ma in questa crisi religiosa c'è un risvolto positivo: ci sono coppie che dopo essersi sposati in Comune a distanza di anni si presentano davanti all'altare: «È così - conclude don Luciano Genovesi -, sicuramente la prima causa della crisi dei matrimoni religiosi è la mancanza di fede, per cui le coppie non ritengono di dare una rilevanza religiosa alla loro unione. Le persone che però chiedono di fare il matrimonio in chiesa oggi sono più motivate. E ci sono coppie che dopo aver fatto un matrimonio civile chiedono quello religioso: ho sposato coppie di 70enni che hanno riscoperto la fede. E questo è di buon auspicio, visto l'aumento dei divorzi».