Condannati

«Vivi secondo l'Islam». Ragazza picchiata e segregata dai genitori

Roberto Longoni

L'hanno frustata con le parole del disprezzo, le peggiori che un genitore possa proferire a una figlia, l'hanno legata e rinchiusa, l'hanno percossa e ustionata. Imperdonabile per la famiglia il suo desiderio di libertà o anche solo di vivere come le coetanee, all'occidentale in un Occidente che lei aveva potuto raggiungere solo in senso geografico, immigrando in Italia. Questa la denuncia di Yasmin (il nome è di fantasia), una ventenne nata in Marocco, ma da una decina d'anni immigrata a Parma. Anni di inferno, a quanto ha raccontato la giovane, per i quali il padre cinquantenne e la madre di dieci anni più giovane sono stati giudicati con rito abbreviato dal Gup Gabriella Orsi e condannati entrambi a due anni e due mesi e al pagamento delle spese processuali oltre che a una provvisionale di duemila euro alla figlia che si è costituita parte civile (ai genitori toccherà saldare anche la parcella dell'avvocato di Yasmin).

Presto sarebbero cominciate le angherie nei confronti della ragazza, che nel paese natale ha trascorso i primi anni di vita. Già i nonni, ai quali era stata affidata dai genitori al momento di trasferirsi nel nostro Paese, le avrebbero fatto sentire il morso di un'educazione molto rigida. Ma il peggio sarebbe venuto dopo, all'arrivo in Italia, dove il rischio di essere «contaminati dai cattivi esempi» è di gran lunga maggiore.

Anche la semplice richiesta di fare una passeggiata con le amiche - sempre stando a quanto riferito dalla giovane - sarebbe stata motivo di reprimende e punizioni da parte dei genitori pronti a fare fronte comune su questo. «Se vuoi uscire di casa, non vali niente - le avrebbero detto -. Vattene, sei brutta, ridicola e stupida». Aggiungendo che per loro piuttosto sarebbe stato meglio che lei morisse.

Come se non bastasse una lapidazione verbale di questo tipo, la ragazza ha denunciato di essere stata più volte percossa. Dopo le botte aveva ancora voglia di uscire o di vestire in modo «non consono» secondo il loro modo di vedere? Allora, a Yasmin venivano legati mani e piedi con una corda. Per risparmiare tempo ed essere ancora più attrezzati, sembra che i genitori si fossero perfino dotati di manette, con le quali bloccarla in casa anche per ore. Ma le sue mani potevano anche essere ustionate su teglie o forni roventi oppure Yasmin poteva ricevere spinte tali da battere la testa contro il muro o schiaffi e pugni, calci, colpi con le scarpe, le cinture o il bastone della scopa. Nulla le sarebbe stato risparmiato, secondo il suo racconto: una volta, si è arrivati anche a spaccarle un piatto in testa.

Tutto per impedirle di avere relazioni sociali con il mondo esterno, soprattutto con i coetanei, specie se italiani. Per un periodo, per degradarla e piegare la sua volontà, sarebbe stata costretta a dormire su una nuda tavola di legno, senza materasso sopra. I maltrattamenti sarebbero durati fino al gennaio di due anni fa, quando la giovane, diventata maggiorenne, ha avuto il coraggio di denunciare i maltrattamenti e liberarsi da corde e manette. Reali o metaforiche che fossero.

Roberto Longoni