Lutto

Franzè, pioniere dello screening per il tumore al colon retto

Roberto Longoni

«Buono» era il suo aggettivo preferito. Così semplice e trasparente da sembrare fuori da un mondo fatto di urlata straordinarietà a tutti i costi, vacua il più delle volte. Buono, come è la cura, come è il contrario della sofferenza e della malattia. Buono come il medico che risponde a ogni ora, perché lo squillo del cellulare spesso è richiesta d'aiuto. E chi ha giurato nel nome d'Ippocrate deve innanzitutto ascoltare: che sia in studio o in corsia o piuttosto al timone di una barca. Angelo Franzè poteva levare gli ormeggi in vacanza, ma il telefono non lo staccava mai. E quando il tumore che l'aveva aggredito subdolo e feroce pochi mesi fa gli ha ridotto la voce a un filo di fiato ha continuato fino all'ultimo a dispensare consigli e consulti via Whattsapp. Mai un lamento, sempre un pensiero per il prossimo. Ieri, Franzè è morto. A portarlo via a 76 anni è stato il cancro. Il male che per una vita il gastroenterologo a lungo al vertice della Divisione di gastroenterologia ed endoscopia digestiva della nostra Azienda ospedaliera universitaria aveva combattuto per la sua comunità e non solo, pioniere della prevenzione del tumore al colon-retto.

Era il 1990. Franzè era già un medico affermato, quando fu aiutato da Massimo Fabi, allora giovane medico igienista, a organizzare la prima campagna di screening a Langhirano, in collaborazione con il Comune, l'Assistenza pubblica e l'Asl 7. «L'adesione fu altissima - ricorda il neoassessore regionale alla Sanità - e molte diagnosi furono eseguite in tempo utile. Tanti pazienti poterono così essere curati». Commosso, Fabi ripensa a quei giorni, quando si avviò qualcosa che Franzè aveva già avviato e sarebbe stato replicato in altri centri, fino a diventare la norma. Buona norma, per dirla tutta, con un aggettivo non casuale.

«Se ne va un grande medico e un grande amico - prosegue Fabi -, che ha dato tanto all'ospedale di Parma, ai suoi pazienti e ai giovani colleghi da lui formati con l'intelligenza e le capacità professionali. Noi operatori sanitari gli siamo tutti grati ed esprimiamo anche i sentimenti dei pazienti da lui curati. In un momento così triste, ci stringiamo alla famiglia e ai suoi affetti più cari».

Nato a Roma, Franzè era arrivato all'ombra del Battistero con la famiglia, dopo la nomina del padre Giuseppe a prefetto della nostra provincia negli anni settanta. La Capitale (dove avrebbe ricoperto importanti incarichi professionali, dalla cattedra al Policlinico Gemelli alla riorganizzazione dell'appropriatezza clinica ed erogativa al San Filippo Neri, per poi trasferirsi al Gemelli nell'aprile 2013, per esercitare la professione di gastroenterologo ed endoscopista utilizzando le strutture e le attrezzature di questo ospedale) gli sarebbe rimasta nel cuore. Le radici a Roma, tra la sua gente e il giallorosso della fede calcistica mai annacquata, i ricordi di studente e di promessa del tennis capace di vincere tornei giovanili e battere un Adriano Panatta ragazzino, ma già astro nascente della racchetta. Insieme con il mare, il tennis sarebbe rimasta la sua grande passione.

A Parma la vita professionale e familiare, dopo la parentesi da studente a Bologna e la laurea (con 110 e lode). Quindi, la specializzazione in Gastroenterologia, Medicina interna, Radiologia e Scienza dell'alimentazione, sempre con il massimo dei voti. Nel 1973 l'ingresso come assistente nella struttura complessa di Gastroenterologia dell'ospedale di Parma, dove nel 1986 diventò aiuto e nel 1990 Primario della stessa struttura. Incarico ricoperto fino al novembre 2011. Fino allo stesso anno, a lui era stata affidata (dal 2000) la direzione del Dipartimento integrato Università-Ospedale di Medicina dell’Azienda ospedaliera-universitaria di Parma.

Autore di 250 pubblicazioni scientifiche (su riviste anche di respiro internazionale), Franzè è stato 180 volte relatore in congressi in Italia e fuori dai nostri confini, spesso organizzati da lui stesso. Promotore di numerose campagne di screening del tumore del colon retto nella nostra provincia, nel 2005 è stato nominato dalla Regione Emilia-Romagna responsabile provinciale della campagna di prevenzione per questa patologia. Vari sono stati anche gli incarichi ricoperti a livello regionale e nazionale. Rappresentante della Regione nella Fondazione per il film scientifico internazionale (Mip), ha fatto parte del gruppo di consultazione del Consiglio superiore di Sanità e della Commissione di studio per la Gastroenterologia del Centro studi e documentazione del Ministero della Sanità. Membro di numerose società scientifiche, è stato presidente della sezione Emilia-Romagna della Società italiana di Endoscopia digestiva e il 29 ottobre 2022 è stato insignito dall'Ordine dei medici di Parma della medaglia d'oro per 50 anni di carriera.

«Un professionista di respiro nazionale e non solo - ricorda Paolo Migliavacca, amministratore delegato di Lifenet Healthcare, il gruppo proprietario delle Piccole figlie, ospedale nel quale Franzè era ancora direttore della Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva -. I suoi titoli erano direttamente proporzionali all'umanità e all'attenzione dedicata al paziente. Chi si rivolgeva a lui sapeva di essere seguito per tutto il percorso della cura». Anche al di fuori degli orari di visita, purché ci fosse campo per il telefono. «Con il professor Contini, è stato fulgido rappresentante di una generazione di grandi professionisti internazionali. Da loro è stata fondata la Gastroenterologia delle Piccole figlie, dopo che il professor Franzè era stato pilastro della clinica medica dell'ospedale».

Ora, sia alle Piccole figlie che nello studio in borgo Felino 29, la figlia Iolanda (madre di Vittoria, Pietro e Alessandro, gli amati nipoti di Franzè) continuerà anche nel nome del padre a esercitare la professione svolta per anni al suo fianco. Era a lei che, alla fine, i whattsapp di risposta ai pazienti raccomandavano di rivolgersi. «Non ha mai lasciato solo nessuno». Iolanda e il fratello Alessandro, manager della Technogym, raccontano di un anziano a Bardi: era il padre a raggiungerlo in montagna, visto che lui non riusciva a raggiungere la città. Facile che anche all'ottuagenario pensionato sia stato risparmiato, oltre ai chilometri, il pagamento dell'onorario.

Elegante e combattivo, Franzè, fino all'ultimo non si è piegato alla malattia. «Sono felice e sereno» ha ripetuto, consapevole di aver vissuto in pieno i suoi 76 anni. L'unico rimpianto, quello di non riuscire a tenere in braccio il nipotino Romeo Angelo, che avrebbe avuto dal figlio. Appena possibile anche al nuovo arrivato in famiglia sarà spiegato chi fosse il nonno del quale porterà il nome. Sta tutto nella frase che lui stesso avrebbe voluto nell'esergo del libro della sua vita: «Uomo e medico buono, che ha amato i suoi figli, i suoi pazienti e chi gli è stato vicino». Buono. Scusate se è poco.