San Giovanni

Il rifugio antiaereo riallestito

Chiara Cacciani

La scala di metallo non è quella originale ma la pendenza dei gradini ci catapulta subito in quei giorni: si arrivava di corsa al sentire la sirena d'allarme, sperando di trovare ancora posto e con l'urgenza di precipitarsi giù. Non facile soprattutto se si era persone anziane o bambini, ma necessario.

La porta fino ad oggi anonima di borgo Pipa 1, che cela l'R27, il rifugio antiaereo pubblico di San Giovanni, si riaprirà ufficialmente il 27 gennaio in occasione della Giornata della Memoria. Grazie al lavoro della sezione di Parma dell'Anrp, l'Associazione nazionale reduci della prigionia, questo luogo ritrovato mostrerà quante storie e quante tracce della vita durante la Seconda Guerra Mondiale nascondono i sotterranei del Monastero e dell'Antica Spezieria. Una sorta di museo della Guerra di Liberazione, che passa dalle storie «piccole» dei civili, degli internati, dei partigiani.

«È un desiderio che coltivo da 11 anni», ammette Andrea Di Betta, archivista e fiduciario per Parma dell'Anrp, che già aveva creato uno spazio visitabile e «raccontabile» nel rifugio del San Paolo. «Quando il 13 marzo scorso ho ricevuto le chiavi dal Priore, quasi non potevo crederci - spiega -. Con il gruppo di intrepidi che forma la nuova sezione abbiamo iniziato a ripulire un luogo chiuso da 40 anni e a tirar fuori i segni e le tracce della guerra». La prima a comparire è stata la scritta «Uscita di Sicurezza» nel muro esterno dell'ultima stanza in porgo Pipa, poi è toccato alla freccia abbinata a «Ritirata» (il bagno). E quasi per caso hanno notato la firma-graffito di Maria: chissà che non si ritrovi anche la sua storia, una delle tante a essere state ospitate lì nei mesi oscuri dei bombardamenti sulla città.

Con i suoi 250 posti in 300 metri quadrati, l'R27 era il terzo rifugio antiaereo più grande dei circa 50 presenti a Parma, il primo allestito dopo la caduta dell'Africa settentrionale. Ossia quando gli aerei Alleati diminuirono la distanza da Parma e il pericolo diventò concreto. Gli spazi visitabili saranno quelli già accessibili in continuità. Un grande vano ospiterà incontri e didattica. L'esperienza diretta della vita nel e del rifugio, invece, potrà essere fatta nella parte in cui ancora si snoda la serpentina di murature realizzate quando i sotterranei furono riadattati a ricovero. «Si sfalsavano le porte per attenuare l'onda d'urto delle bombe cadute nelle vicinanze», racconta uno dei volontari, Giovanni Bosi. Nei vani da 15-20 posti torneranno le panche ricostruite e ritroveranno casa oggetti arrivati da altri rifugi e «dei cassetti di case non mie - sottolinea Di Betta -. E mi fa piacere che ci sia finalmente un luogo dove restituire quella fiducia che diverse famiglie mi hanno dimostrato mettendo le proprie memorie a disposizione della comunità». Ecco allora una delle porte in legno del rifugio del Palazzo dell'Agricoltore e la campanella del San Paolo, la sirena del gasometro di via Toscana, il pezzo di ala sinistra di uno Junkers 52 caduto a Albareto, le maschere antigas, il giornale lanciato il 2 maggio '44 dagli Alleati su Parma, il secchio rosso pieno di sabbia per spegnere eventuali incendi, la valigia che Quintino Maestri portò nel campo di concentramento. Ecco: i nomi e gli oggetti. Saranno loro a permettere a tante storie piccole di tornare a raccontarsi e a altre - c'è da giurarci - di arrivare.

Chiara Cacciani