Intervista
Bobby Solo compie 80 anni, tra progetti e ricordi: «Festeggerò in tivù, dall'amica Mara Venier»
Il 30 gennaio 1965, sessant’anni fa, era un sabato e sul canale Nazionale della Rai andava in onda la quindicesima edizione del Festival di Sanremo: Bobby Solo aveva 19 anni e alle spalle un successo come «Una lacrima sul viso», presentato l’anno prima classificandosi al secondo posto perché il cantante romano ebbe un abbassamento di voce e non poté cantare che in playback; questa volta, invece, con «Se piangi se ridi» conquistò il primo posto...
«Ricordo tutto perfettamente - esordisce al telefono, con una voce pimpante, Roberto Satti, cioè Bobby Solo -, cantai una canzone dell’amico Mogol. All’epoca volevo imitare Elvis Presley, lui che metteva un po’ di rimmel per fare risaltare i suoi occhi: la stessa cosa feci io anche se i miei occhi non erano così belli. Chiesi a due giovani estetiste, di un negozio vicino al Casinò, di truccarmi come Presley: sotto le luci del palcoscenico un fiume nero scese sulle guance, ma fu bravo il regista Romolo Siena a “coprire” quell’imprevisto. Così uscì la storia che Bobby Solo era un po’ effeminato».
Ma quell’episodio non fu l’unico della serata finale del Festival...
«Proprio così - puntualizza - dopo l’esibizione andai a cena, erano le 23.30 quando arrivarono trafelati due dirigenti della Rai dicendo: “Mike Bongiorno ti aspetta”. Così giunsi sul palcoscenico del Salone delle Feste del Casinò per la premiazione, ero molto emozionato e alle domande di Mike, che consideravo uno zio, dissi soltanto uno striminzito “Grazie”. In coppia con me, quell’anno, cantarono The New Christy Minstrels, un gruppo statunitense. Ricordo le serate con loro al Grand Hotel di Bordighera quando insieme cantavamo le canzoni dei cow-boy».
Possiamo considerare la vittoria al Festival nel 1965 come un risarcimento morale di quella mancata nel 1964?
«Purtroppo nel 1964 rimasi senza voce e non potei cantare nella serata finale “Una lacrima sul viso”, che vendette milioni di dischi, diventando un successo internazionale, feci anche un musicarello. Ricordo che avevo una grande paura e forse questa mi ha bloccato: passavo dalla seconda liceo classico al Festival di Sanremo. Magari colleghi, molto più esperti di me, avrebbero cantato lo stesso. Ma, lo ripeto, ero un ragazzino. Così, alla serata finale, cantai in playback su suggerimento di Vincenzo Micocci. Ero in coppia con Frankie Lane, nome d’arte di Francesco LoVecchio, dalle tonsille d’acciaio. Alla serata finale accadde un episodio singolare: io persi la voce e lui rischiò di non cantare perché gli erano saltate alcune capsule in bocca, fu salvato dall’intervento di un dentista».
Quale storia c’è dietro a «Una lacrima sul viso»?
«Avevo scritto un testo mentre mia mamma in cucina preparava le patate da bollire. Lo feci sentire a Mariano Rapetti, il padre di Giulio (Mogol), che cercava un pezzo da presentare a Sanremo: la musica gli piaceva, il testo decisamente meno. Così diede l’incarico al figlio di scrivere il nuovo testo, registrammo il brano e coronai il sogno di andare a Sanremo».
Il prossimo 18 marzo festeggerà «4 volte 20», con più di sessant’anni di carriera: il bilancio di Bobby Solo?
«Roberto Satti è diventato Bobby Solo per un’incomprensione: mio padre, ufficiale dell’Aeronautica, non voleva che usassi, visto che ero minorenne, il nostro cognome: diffidò il discografico Vincenzo Micocci, il quale decise per l’inglese Bobby. “Solo Bobby” disse alla segretaria che, per un’incomprensione, capì male e divenni Bobby Solo. Ritornando al compleanno, lo festeggerò in televisione domenica 16 marzo dall’amica Mara Venier a “Domenica in”, martedì 18 marzo, sempre su Raiuno, da Caterina Balivo a “La volta buona”. In calendario anche concerti: il 20 marzo a Pordenone e il 26 marzo a Peschiera. La forza è un po’ meno di prima: sto preparando anche una tournée estiva. Il tempo, purtroppo, passa velocemente, ho avuto una vita intensa, ma ho ancora tanta voglia di fare musica».
In arrivo, quindi, un nuovo disco?
«Ho inciso due pezzi: “La fine del mondo” e una versione dance di “Ciuri Ciuri”, una delle canzoni popolari siciliane più famose. E per gli 80 anni una compilation di 12 brani con canzoni famose, pezzi melodici e anche rock».
Parliamo dell’amicizia con Gianni Morandi.
«Gianni aveva fondato le edizioni MiMo con Franco Migliacci, aveva in mano “Zingara” e insisteva perché la cantassi: alla fine nel 1969 andammo a Sanremo e con Iva Zanicchi vincemmo il Festival. Ricordo pure che “Bada bambina”, in quello stesso Sanremo, fu cantata dall’amico Little Tony, con cui condividevamo il sogno americano del rock’n’roll. E sempre Gianni scrisse con Migliacci “Domenica d’agosto” che, sempre nell’estate del 1969, ebbe un grande successo. Che divertimento quella sera che io, Gianni e Lucio Dalla, al pianoforte, la cantammo insieme!».
Con chi farebbe oggi un duetto?
«Con la mia amica Mina. Ha duettato con tanti cantanti, si vede che con me non vuole proprio cantare. Mi piacerebbe anche duettare con Rita Pavone».
Sarebbe andato al Festival di Sanremo di quest’anno?
«Sinceramente no, il Festival deve essere riservato ai giovani. Se avessi la fortuna di diventare direttore artistico, farei tre serate con i rapper e tre serate con Edoardo Vianello, Rita Pavone, Ornella Vanoni, Gianni Morandi, Al Bano: sarebbe un modo per accontentare tutti».
Vanni Buttasi