Lutto

Addio a  Marco Ablondi, sempre a fianco degli ultimi 

Michele Ceparano

Rigoroso e sempre fedele alle sue idee. Un politico d'altri tempi. Si potrebbe definire così Marco Ablondi, storico esponente della sinistra parmigiana e, in particolare, del Partito comunista italiano prima e di Rifondazione poi, scomparso ieri mattina nella sua casa di via Campioni, nel popolare quartiere Montanara, circondato dall'affetto dei suoi cari, la moglie Rosetta, la figlia Elisabetta, il genero Sergio e i nipoti Paolo e Giulio. Uomo pratico, caratteristica che ne costituiva uno dei principali tratti, per lui la vita era un servizio nei confronti del prossimo, anche a costo di restare nell'ombra. Ne è riprova il fatto che, come da sue volontà, di Ablondi non verrà celebrato il funerale.

Nato a Calestano, zona dove, quando poteva, tornava per soggiornare nella sua casa in località Castello di Ravarano, in quella Val Baganza che tanto amava, come le camminate in montagna, le arrampicate, lo sci e la bicicletta, Ablondi ha consacrato la sua esistenza alla politica. Sempre dalla parte degli ultimi, dei più deboli ma anche dell'ambiente, ha ricoperto per tre mandati la carica di consigliere comunale (1998, 2002 e 2007), segno di quanto i suoi elettori ne avessero apprezzato l'impegno, legando il suo nome a diverse battaglie, non solo sugli scranni del Municipio, ma anche fuori, per strada, tra quelli per cui si era sempre battuto. Lavoratori, pensionati, disoccupati, malati e poveri. Insieme alla passione politica, la sua vita fu anche caratterizzata dalla grande attenzione al sociale e al volontariato come dimostra l'impegno nell'Assistenza pubblica di cui fece parte del consiglio direttivo. Fu, inoltre, presidente del Comitato consultivo misto dell'Azienda ospedaliera di Parma.

Dipendente del Comune e da sempre vicino a un altro storico esponente del Pci, quel Renato Albertini che fu vice sindaco di Parma, ma anche assessore regionale e poi senatore, Ablondi, che di Albertini fu a lungo il principale collaboratore, disse no alla «svolta della Bolognina» di Achille Occhetto in cui il Pci divenne Pds, Partito democratico della sinistra. «Nel '98 in consiglio eravamo lui, Alberto Perazzi e io per il Prc - lo ricorda Ettore Manno -. Ablondi rimane una figura esemplare di onestà amministrativa e politica. Seppe interpretare nella maniera migliore i pensieri di uguaglianza e rispetto per la persona».

Per Manno Ablondi fu un maestro. «In politica fu certamente intransigente - continua - e ci ha insegnato a conoscere la macchina comunale in cui lui, grazie alla sua esperienza, sapeva muoversi alla perfezione».

Anche Lodovico Cutaia divise con Ablondi, nel Pci prima e in Rifondazione poi, l'esperienza politica, sedendosi con lui in consiglio comunale.

«Ablondi era corretto e preciso - conferma Cutaia -. Era un uomo che rispettava sempre le regole, mai da parte sua ci fu una forzatura. Si preparava al limite della pignoleria, perché per lui la politica e l'amministrazione erano cose serie. Me lo ricordo bene quando preparavamo le interrogazioni. Dire che studiava tutto al cento per cento è perfino riduttivo. Poi, era uno che, quando interveniva, “colpiva nel segno”. Senza guardare in faccia nessuno». Proprio quest'ultimo aspetto lo stesso Cutaia lo sperimentò anche nei suoi confronti. «Quando presiedeva il consiglio comunale come facente funzioni - racconta -, se il tempo che avevo a disposizione per il mio intervento era scaduto, Marco mi toglieva la parola. Anche se ero un suo compagno».

Anche per queste caratteristiche, Ablondi era apprezzato da chi aveva idee diverse dalle sue. Come Giorgio Pagliari che sedette nello stesso periodo in consiglio comunale e fece, con i rispettivi gruppi, assieme al politico scomparso l'opposizione prima alle giunte di Ubaldi e poi a quella di Vignali, insieme anche a Maria Teresa Guarnieri. «Marco - dichiara l'ex senatore del Pd - era un uomo di un'onestà adamantina. La sua etica personale e politica era esemplare e interpretava il suo ruolo di consigliere comunale come un compito da esercitare per la tutela dell'interesse generale. Era intransigente in politica, ma sul piano personale si caratterizzava per una grande umanità. È stato un esempio e, pur partendo da posizioni diverse, abbiamo condiviso una medesima visione della politica e della funzione consiliare, in anni non facili come quelli del mandato 2007-2011 in cui la nostra battaglia è stata tra le cause della crisi di quella giunta».

Michele Ceparano