EDITORIALE
Europa, troppe regole sulle tecnologie
Da sempre la geopolitica influenza i commerci e, più in generale, la competizione economica internazionale. Ma da molti decenni non si era più abituati a toni di natura così esplicitamente imperialistica. E, nella conclamata contrapposizione fra l’impero americano e quello sino- (russo)- asiatico, un’Europa in cui la volontà politica (e popolare?) delle nazioni da cui è composta rimanga ripiegata sulla difesa dei singoli interessi «particulari», condanna quelle stesse sue nazioni, in ordine sparso, al ruolo di provincie periferiche dell’uno o dell’altro impero; col drammatico rischio, in più, di non essere nemmeno in grado di poter liberamente scegliere fra i due.
In questo contesto, i dazi sulle importazioni, al momento, non a caso, più minacciati che realmente applicati dal presidente Trump, rappresentano soprattutto un’arma di distrazione di massa: una potente minaccia, appunto, con finalità non tanto volte al pareggio della bilancia commerciale (al riequilibrio dei conti con l’estero Usa provvedono già la forza del dollaro ed il surplus dei servizi), quanto per ottenere contropartite di altra natura.
Se coi Paesi confinanti (Messico e Canada) la principale contropartita riguarda il controllo delle frontiere rispetto ai flussi migratori ed al narcotraffico, con l’Europa, invece, il prevalente, vero nodo riguarda l’hightech: è il vantaggio sulle tecnologie d’avanguardia che garantisce la supremazia economica e militare dell’impero americano rispetto al suo sempre più temibile competitore asiatico.
È infatti nella competizione sul primato tecnologico che l’Europa gioca un ruolo cruciale. Non più, purtroppo, come potenziale concorrente - il gap rispetto alle tecnologie di frontiera, salvo poche eccezioni, è ormai troppo ampio rispetto sia agli Stati Uniti che alla Cina -; ma come fondamentale mercato di sbocco – le imprese utilizzatrici ed i consumatori finali europei sono in grado, per massa critica, di influenzare in modo decisivo l’esito della sfida tra i due giganti -.
Ma non solo: l’Europa rappresenta un bacino di flussi d’informazioni irrinunciabile per le big tech Usa, le cui tecnologie – intelligenza artificiale generativa in primis – si nutrono proprio dei big data forniti dai loro clienti/utilizzatori. D’altra parte, la stessa Unione europea rappresenta ad oggi il terreno di conquista più ostico per i giganti tecnologici americani, a causa dei paletti imposti dalle norme regolatorie (quali l’AI Act in materia di intelligenza artificiale ed il Gdpr in materia di privacy).
A questo punto sorge il dilemma di fondo: il rigore delle regole a tutela dei valori e dei diritti della persona sanciti dalla Carta europea può essere considerato materia negoziabile nella imminente «guerra dei dazi»? E, prima ancora: siamo sicuri che le vigenti regole, al fine di tutelare alcuni diritti, non rischino di penalizzare altri diritti e valori non meno importanti?
Ad esempio: l’impianto regolatorio europeo non finisce per essere talmente soffocante da penalizzare il sacrosanto diritto alla ricerca ed allo sviluppo delle imprese europee, già in pesante ritardo? Le attuali norme sulla privacy, nello specifico, vietano l’uso di dati sensibili che sarebbero preziosi per la ricerca in campo biomedico. Ancora, norme troppo stringenti sul rispetto della persona e della sua vita privata influiscono negativamente sull’altrettanto importante diritto alla sicurezza. Basti pensare alle limitazioni che la privacy impone agli strumenti di cybersecurity. O, peggio, come l’anonimato garantito dalla stessa privacy funga da schermo per le più turpi attività criminali.
Certo, nessuno vuole che le nuove tecnologie si trasformino – come già oggi in Cina – in un onnipresente ed oppressivo Grande Fratello. Ma è il caso che il dilemma di cui sopra venga rapidamente e pragmaticamente affrontato dall’Europa, e risolto in modo compattamente unitario. Altrimenti, si lascerà campo aperto all’ormai evidente strategia dei giganti bigtech: frammentare il Vecchio Continente in mille nazionalismi, per poi contrattare coi singoli governi con enorme disparità di potere negoziale.