Diritti

Camera dell'amore: entro sessanta giorni allestita in via Burla

Michele Ceparano

In via Burla arriva la «camera dell'amore».

Sì al sesso con la moglie in carcere. In una stanza «protetta». Il magistrato di Sorveglianza di Reggio Emilia, Elena Bianchi, ha infatti accolto il reclamo presentato dall'avvocato reggiano Pina Di Credico «contro la negazione del diritto all'affettività». Un detenuto recluso nell'istituto penitenziario di via Burla potrà quindi avere un «colloqui visivo intimo» con sua moglie.

L'uomo, un 44enne campano vicino al clan dei Casalesi, che nel carcere della nostra città si trova in regime di Alta sicurezza e - come ha scritto il Quotidiano nazionale che ha dato la notizia - terminerà di scontare la sua pena nel novembre del 2026, ha fatto valere il principio affrontato con sentenza del gennaio 2024 dalla Corte costituzionale riguardante coniugi, conviventi e unioni civili. La domanda era stata presentata nel marzo del 2024.

Il magistrato di sorveglianza ha disposto che lo stesso istituto di pena, entro sessanta giorni dal 7 febbraio (data del provvedimento) allestisca uno spazio ad hoc riservato e in cui non ci sia il controllo degli agenti della polizia penitenziaria.

Dunque, qualche giorno fa la disposizione sull'allestimento anche a Parma - primo caso in Italia insieme a Terni - della cosiddetta «camera dell'amore».

Come spiega soddisfatta l'avvocato Di Credico, «speriamo sia una decisione pilota. È stato, comunque, un percorso lungo che io ho intrapreso dal momento in cui è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale. Devo subito dire una cosa: io ho immediatamente presentato la richiesta per i miei assistiti al direttore del carcere nella convinzione che avrei dovuto interpellare la Corte europea dei diritti dell'uomo, perché nei tribunali interni non avremmo ottenuto alcun tipo di risultato. Sappiamo, infatti, che le strutture non ci sono e non sono state realizzate. Sono contenta che un magistrato illuminato abbia applicato la legge con passaggi in cui si dice che “tutti avrebbero dovuto fare la propria parte garantendo un diritto costituzionale”. Da parte del carcere di Parma, inoltre, dopo un mese, non ci è stato risposto che non avevamo diritto ma che dovevamo attendere la decisione degli uffici superiori. Non si è trattato di un rigetto nella sostanza - non mi è stato detto di no perché il detenuto si è comportato male, è pericoloso o, incontrando la moglie, potrebbe mandare informazioni all'esterno -, ma io ho presentato un identico reclamo per tre detenuti dell'alta sicurezza: per questo detenuto modello di cui stiamo parlando è arrivata la decisione, per un altro invece, per il reclamo che avevo presentato a settembre, c'è stata una dimenticanza della cancelleria e ho già presentato istanza di sollecito, mentre un terzo è stato trasferito in un altro istituto».

Quindi, a Parma potrebbero essere in due a usufruire della «camera dell'amore».

Il carcere cittadino è il primo dove avverrà insieme a quello di Terni, ma, puntualizza l'avvocato Di Credico, «la nostra è un'ordinanza più complessa e pendente da un anno e grazie ai miei continui solleciti siamo riusciti a concludere la vicenda. Ora il carcere deve approntare la struttura entro sessanta giorni, garantendo una stanza a questo detenuto. Alla fine dico questo: ci si poteva arrivare prima».

«Noi non ci eravamo opposti - commenta, invece, il direttore del carcere di Parma, Valerio Pappalardo - ma avevamo chiesto al Dipartimento di dare un'indicazione. Ora abbiamo sessanta giorni per dare una risposta in termini concreti e siamo in attesa non solo per questo detenuto ma anche in proiezione futura per tutti quelli che riusciranno a ottenere il permesso. La richiesta del detenuto, ai tempi, non fu accolta ma non nel merito e questa persona ha esercitato il suo diritto di presentare reclamo. Che è stato accolto».

Michele Ceparano