Il processo

Tragedia di Sofia, 217 pagine di motivazioni della sentenza

Roberto Longoni

Hanno il peso specifico (e quasi la mole) di un macigno le motivazioni alla sentenza del processo per la morte della piccola Sofia Bernkopf. Non c'è aspetto della tragedia che non sia analizzato nelle 217 pagine depositate dal giudice Gianluca Massaro - che l'11 dicembre scorso ha condannato per omicidio colposo aggravato sei dei sette imputati - dopo aver rievocato quel maledetto pomeriggio del 13 luglio 2019, quando la bimba entrò nell'idromassaggio del bagno Texas di Marina di Pietrasanta, dal quale venne estratta con la forza della disperazione da un ragazzino. I suoi lunghi capelli risucchiati dalla bocchetta d'aspirazione dovettero essere strappati con un lembo di cuoio capelluto, perché fosse liberata. Ma ormai era tardi. Un medico accorso da uno stabilimento vicino le praticò le manovre di rianimazione, prima che la piccola fosse ricoverata all'Opa di Massa. La sua morte sarebbe stata dichiarata dopo quattro giorni di inutili cure. Annegata in 80 centimetri d'acqua a 12 anni.

Al termine di un lungo e serrato dibattimento, vennero condannati a quattro anni Enrico Lenzi, l'installatore dell'impianto, a tre anni e due mesi le sorelle Elisabetta e Simonetta Cafissi, 71 e 67 anni, e i loro mariti Giampiero Livi e Mario Assuero Marchi, 68 e 75, proprietari del Texas (poi acquistato da altri e ribattezzato con un altro nome), e a due anni e due mesi Emanuele Fulceri, 51, bagnino esperto dello stabilimento. Tutti inoltre condannati al pagamento delle spese processuali. Solo Thomas Bianchi, il bagnino addetto alle piscine, 19enne all'epoca dei fatti venne assolto. Il primo a difenderlo fu lo stesso padre di Sofia, che con la moglie Vanna Broia si è costituito parte civile, assistito dall'avvocato Stefano Grolla, e ha percorso come un calvario ogni tappa del processo a Lucca. Nelle spontanee dichiarazioni, Edoardo Bernkopf sottolineò come il giovane non avesse ricevuto la necessaria preparazione e avesse da sorvegliare una parte troppo vasta e affollata del bagno. Il pm Salvatore Massaro si dimostrò d'accordo, chiedendo a sua volta l'assoluzione di Bianchi, tra l'altro l'unico ad avere avuto parole di solidarietà con i genitori di Sofia. Non era un caso che alla lettura della sentenza fosse seduto a mezzo metro da loro, diviso da una sorta d'abisso dagli altri imputati.

Le motivazioni sottolineano come le radici della tragedia siano nella vasca nella quale la bimba è annegata: non conforme alla normativa, oltre che sprovvista di un sistema di sicurezza (a cominciare da un telecomando) che permettesse l'arresto immediato in caso di emergenza. Per questo la pena più elevata a Lenzi: un anno di più di quanto richiesto dall'accusa. «La sua condotta - scrive Massaro - ha costituito la genesi necessaria e il substrato sul quale sono inserite le altrui condotte colpose».

Colpe che, per quanto riguarda la famiglia proprietaria dello stabilimento, sarebbero consistite nel mancato controllo e nella mancata prevenzione. Non c'era né un kit per il pronto soccorso né un addetto che potesse utilizzarlo e non era stata garantita la formazione a Bianchi, alla quale avrebbe dovuto applicarsi Fulceri. Sarebbe bastato redigere il documento di valutazione del rischio previsto dalla legge, perché emergessero le anomalie dell'impianto. Di tutto questo il giudice ha ritenuto colpevoli i proprietari del Texas, nonostante il loro tentativo di negare d'essere gli amministratori (e quindi i responsabili) del bagno.

«Prendo atto che la giustizia ha fatto il suo corso, ma questo non mi suscita uno stato d’animo particolare - dichiara il papà di Sofia - a parte la sgradevole sensazione che mia moglie e io abbiamo provato già prima e durante l’intero processo, nel percepire la totale mancanza di partecipazione degli imputati al nostro dolore. Credo che con una sentenza di 217 pagine, numero davvero inusuale, il giudice Massaro abbia inteso dare un sigillo quasi tombale alla vicenda giudiziaria della morte della nostra Sofia: di certo ci sarà l’appello, ma non sarà facile ai condannati in questo primo grado ribaltare conclusioni così analitiche ed esaustive, che considerano senza nulla trascurare, tutto quanto emerso nel processo. Oltretutto, la sentenza è andata per alcuni imputati addirittura oltre le richieste del pm Giannino, e ha invece assolto il giovane bagnino Thomas Bianchi. Cogliendo il ruolo di capro espiatorio sul quale si sono vanamente concentrate varie linee di difesa dei proprietari del Texas, avevo esternato in una dichiarazione spontanea che sulle eventuali responsabilità che gli fossero state ascritte aveva il nostro perdono: la sua assoluzione toglie alle difese forse l’argomento più forte su cui poter contare».