All'Astra

Sonia Bergamasco al debutto da regista: «Racconto l'energia potentissima di Eleonora Duse»

Sonia Manna

«Quegli occhi mi hanno chiesto di cercare»: ogni volta che Sonia Bergamasco saliva al Piccolo Teatro di Milano, gli occhi intensi di Eleonora Duse la scrutavano. Ieri sera, quello stesso sguardo ha conquistato il cinema Astra di Parma con «Duse - The Greatest».

Il film-documentario che ha visto il debutto alla regia della Bergamasco è stato presentato al pubblico dalla stessa regista, che, rispondendo alle domande dei giornalisti Benedetta Bragadini e Filiberto Molossi, ha raccontato al pubblico la genesi del progetto.

Il lavoro, prodotto da Propaganda Italia, Quoiat Films e Luce Cinecittà, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024. Nel documentario, contributi di artisti come Ellen Burstyn, Helen Mirren e Valeria Bruni Tedeschi; d’impatto la testimonianza di Luchino Visconti, portavoce di quella «verità sconcertante» che ha reso il fascino della Duse tale.

Sonia Bergamasco non si limita a raccontare la Duse: la indaga, la insegue, la attraversa. Legge le sue lettere, ne ripercorre il pensiero, ne raccoglie l’eredità artistica. A sua volta, si lascia plasmare dall’aura dell’attrice, diventando interprete e custode delle sue parole.

Tra filmati d’epoca e riflessioni senza tempo, il montaggio incalza e delinea il ritratto di una donna che sfida ogni stereotipo, che è d’ispirazione per una generazione di donne che ancora non conoscono la libertà come la intendiamo noi oggi. Eleonora Duse diviene strumento di trasmissione di «un'energia potentissima che è attiva al presente» - come suggerisce l’autrice - e viene raccontata «attraverso lo sguardo degli altri» nella costante ricerca di qualcosa d’inafferrabile. È il mistero stesso a renderla eterna, sempre vicina eppure sfuggente. Sul palco era talmente grande da far dimenticare la tecnica, e proprio questa illusione, così reale, che ci disorienta e ci risveglia.

«Il corpo dell’attrice», dice la regista, diviene «il filo rosso del discorso» che ci muove in un viaggio lungo, tradotto dal mezzo cinematografico per rendere giustizia a una figura di rilievo, in una narrazione che eleva la donna e l’artista. Fra i riferimenti culturali e artistici che emergono dal docu-film, spicca il legame con la città di Parma, visibile in figure cruciali come il librettista di Verdi Arrigo Boito, che fu il suo compagno, e di Memo Benassi, che recitò con lei, e Emma Gramatica.

Sonia Bergamasco unisce frammenti, interroga documenti, raccoglie testimonianze, ma non dà risposte definitive: forse il fascino di questo viaggio risiede nell’incompiutezza, nell’incapacità di restituire un’immagine univoca per un personaggio senza tempo che raccoglie infiniti «sé».